venerdì 11 maggio 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE

Francesca Lo Bue, "Itinerari", Ed. Dante Alighieri, Roma 2017

Nata e formata in Argentina, l’autrice, ricercatrice nell’università italiana, scrive in due lingue parallelamente, spagnolo e italiano. La sua produzione teorica muove da una riflessione sulla poesia di Leopardi e si sviluppa nel periodo compreso tra il 2009 e il 2017.
I suoi libri fondamentali di poesia sono fra gli altri: L’Emozione nella parola (2003), Moiras (2010), Il Libro Errante (2013), Itinerari (2017). Quest’ultimo è costituito da circa 145 poesie. Da un punto di vista semantico dobbiamo, senz’altro tenere presente che la parola e il libro sono due modalità di comunicazione che nella loro diversità e nella loro specificità connotano simbolicamente i messaggi.
In questa chiave di lettura, si compongono le poesie come itinerari di pensiero nei quali il linguaggio, come codice espressivo, assume la caratteristica di un canale comunicativo fondamentale intorno al quale le simbolizzazioni delle immagini poetiche acquistano il loro significato. Da tale punto di vista non va dimenticato il principio per cui il linguaggio e le lingue costituiscono un patrimonio di codici simbolici che arricchiscono le modalità comunicative.
Tra le diverse figure simboliche emergono in vari componimenti poetici di questo volume le maschere che diversamente da quanto accade nelle drammatizzazioni di Pirandello connotano l’apparenza nella sua dinamica volubilità di forme e di significati. Tuttavia, nelle espressioni poetiche privilegiate dall’autrice, possiamo ricordare che i miti antichi rappresentano il patrimonio genetico dei racconti e della poesia nei quali il pensiero si fa visione ed immagine in una tradizione che si innova costantemente nelle culture.
In ogni caso, per comprendere il significato complessivo degli itinerari evocati dalla poesia, dobbiamo riflettere sul tempo che, quale dimensione del ricordo e dell’attesa, fa emergere delle raffigurazioni del tutto particolari. Si pensi ad esempio che il passato ritorna in una particolare forma di ciclicità in cui il tempo e la storia raccontano le vicende umane nei loro significati e nelle loro espressioni interrogative. Così, Francesca Lo Bue, produce una poesia che racconta ed esprime il pensiero attraverso suoni, colori e immagini. Comunque, anche in questa situazione, non possiamo dimenticare che il ricordo nostalgico costituisce un atteggiamento dell’animo umano nel quale la memoria presentifica il passato e dà forma ai sentimenti nelle loro valenze emotive. Così, ne risulta che i poeti sono i sacerdoti pagani dell’arcano.
Da un punto di vista contenutistico, il quadro poetico misterioso ed affascinante costituito dai riferimenti alle immagini mitologiche della classicità greca, trova la sua integrazione in un contesto caratterizzato anche da una semantica dei frammenti di religiosità cristiana.
Da un punto di vista linguistico delle espressioni poetiche, dobbiamo osservare che il metodo espressivo è dato da una particolare forma di ermetismo simbolico. Pertanto, l’autrice nel suo volume esprime due anime e due culture attraverso le quali l’arcano e il mistero trovano dei veicoli comunicativi differenziati e complementari, i quali assumono un valore particolarmente originale nelle composizioni poetiche. La poesia infatti, in queste pagine, viene ad essere in senso leopardiano, una composizione raffinata e meditata che spesso rinuncia all’ingenuità della spontaneità immediata.
Quindi, come già accennato, la poesia include l’arcano come spazio del mistero. Si tratta di un nascondimento che si rivela nelle pieghe di un linguaggio simbolico e ricercato. Possiamo quindi osservare che la poesia nelle due lingue utilizzate si pone al di là di una volontà di tradurre in quanto costituisce il parallelo di due vere e proprie forme di composizione immaginativa, in quanto ci si pone al di là del metodo della traduzione. Ciò comporta una doppia modalità espressiva che arricchisce le pagine del testo poetico in una specie di polifonia semantica. Quindi, la lettura di questo volume, non dà luogo soltanto da una fruizione estetica ma offe l’occasione di sviluppare una via speculativa nella quale il pensiero è senz’altro meditazione.
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Aurelio Rizzacasa

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