domenica 5 novembre 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = MAKSIM GOR'KIJ

Maksim Gor’kij – Minacciosi schiumano i flutti
Versi tra fine ‘800 e inizi ‘900
Fermenti Editrice – Roma – 2017 – pag. 93 - € 15,00

Maksim Gor’kij nasce nel 1868 in una città della Russia centrale nella famiglia di un falegname. Rimasto orfano, trascorre l’infanzia con un nonno dispotico e una nonna legata alla cultura popolare. Ben presto è costretto a guadagnarsi da vivere con lavori umili (garzone, lavapiatti, aiuto fornaio…). Grazie all’eccezionale memoria, acquista grandi conoscenze come autodidatta. Nel 1884 a Kazan’ tenta di iscriversi all’università; non ci riesce, ma si avvicina ai circoli populisti e marxisti. Dal 1889 viene arrestato varie volte per propaganda rivoluzionaria. Tra il 1895 e il 1897 pubblica testi neoromantici e realistici, che attirano l’attenzione del pubblico. Svolge una vita avventurosa viaggiando molto in tutto il mondo e nel 1917 accoglie negativamente la rivoluzione d’Ottobre. Nel 1932 torna in patria e viene riconosciuto come importante autore della letteratura sovietica. Nel 1936 muore in circostanze misteriose.
“Minacciosi schiumano i flutti” è una raccolta di poesie non scandita del Nostro, curata da Paolo Galvagni, con testo originario a fronte, costituita da componimenti prelevati da varie fonti, riviste in massima parte.
Gor’kij narratore, drammaturgo, pubblicista e critico, anche nella poesia riesce a dire la sua. Così asserisce nell’introduzione lo stesso Galvagni, aggiungendo che della sua passione per i versi parla quasi con un senso di colpa. Si sentiva come uno che sottrae tempo all’occupazione principale (la prosa), scrivendo poesie ogni giorno.
Cifra essenziale della poetica di Maksim è quella di una limpida e avvertita liricità. Nel suo poiein domina la rappresentazione di una natura spesso idilliaca ma a volte anche minacciosa e numinosa soprattutto quando è detto il mare.
Non a caso il poeta riprende la tradizione letteraria nella quale il mare e la tempesta hanno un significato simbolico.
Da notare che tutti i versi iniziano con la lettera maiuscola, elemento che ne accentua l’icasticità e che crea un ritmo avvincente.
Il primo componimento senza titolo, databile tra il 1880 e il 1890, ha un carattere programmatico. In esso il poeta usa un tono colloquiale, immediato e spontaneo nel rivolgersi ai suoi lettori pregandoli di non rimproverare la sua musa. Chiarezza, luminosità e leggerezza connotano questa poesia ed è interessante e ottimistico che qui il poeta affermi di comporre un canto non al passato ma proiettato nel futuro.
Intriganti i versi nei quali dice di nuotare provando una forte inquietudine causata dai minacciosi flutti che si stagliano dietro di lui, onde che costituiscono la via marina che è ignota all’anima. Il mare per l’io poetante potrebbe voler significare anche un inconscio collettivo e personale sempre dominato. Di fronte alla potenza terribile del mare stesso il poeta prova la profonda fiducia che da dietro le nubi brillerà un raggio del sole glorioso, metafora di un avvenire felice.
I temi toccati dall’autore sono eterogenei: si va da quello amoroso, quando la voce poetante si realizza sia dal punto di vista maschile che femminile, a quello etico, da quello religioso a quello della morte.
Si deve evidenziare, nella scrittura di Gor’kij, la forte osmosi tra la produzione narrativa e quella poetica, un notevole interagire tra i due generi, elemento del quale il russo è pienamente consapevole.
Non a caso una delle sue principali opere, “La fanciulla e la Morte”, pubblicata nel 1917, poesia molto corposa e affabulante e che ha un vago andamento teatrale, è sottotitolata Favola.
Il suddetto componimento è suddiviso in sette parti e potrebbe essere considerato un poemetto autonomo.
Nell’incipit della composizione è detto un re che vaga per le campagne provenendo dalla guerra, sovrano che sente una fanciulla ridere forte. Lo stesso re, già triste per essere stato battuto dal nemico, diventa furioso perché considera la risata della ragazza un’offesa alla sua persona. Allora la stessa figura femminile ordina al re di allontanarsi perché sta discorrendo con il suo amato. Lo stesso re viene preso da una rabbia selvaggia e ordina al suo seguito di gettare la fanciullina in carcere. Allora, come diavoli, stallieri e scudieri del re si gettano su di lei e la consegnano alla Morte, che viene raffigurata come una vecchietta che amerebbe Satana.
Si tratta quindi di una Morte umanizzata, simile a quella dell’immaginario artistico medievale. Qui i temi sono proprio quelli dell’amore e della morte perché la terribile Morte alla fine, dopo un’articolata serie di vicissitudini, risparmia la ragazza che raggiante può vivere la sua storia. La Morte quindi dimostra di avere un potere sui destini delle persone maggiore di quello dello stesso re.
Di genere e tematica completamente differente il componimento Dal diario, pubblicato nel 1924, che costituisce un apologo in versi sulla Prima Guerra Mondiale. Si tratta di una poesia che sfiora la prosa poetica nella quale sono evidenti magia e sospensione. Qui sono dette in modo traslato le atrocità della guerra che genera odio e dolore e il poeta lancia strali contro il diavolo che ha saputo bruciare tutta la stupidità umana, riducendo la felicità in polvere.
È presente sempre una vena di pathos nelle poesie di questo autore che crea continuamente atmosfere in bilico tra gioia e dolore qualsiasi siano gli argomenti trattati. Ma c’è anche una tensione verso la ricerca di un atteggiamento di fondo positivo nei confronti della vita che è degna di essere vissuta.
Si riscontra, spesso, nel versificare una notevole linearità dell’incanto attraverso le descrizioni di una natura idilliaca che vive una sua vita umana. Ma la natura stessa spesso emerge come impervia e dominatrice. A questo riguardo in Sul Mar Nero, pubblicata nel 1895, dopo l’incipit, che è un inno alla vita e alla bellezza, seguono immagini inquietanti come quella delle rocce che hanno sepolto i pensieri.
Protagonista della lirica è il mare e, in un’aurea di sogno ad occhi aperti, con l’icona di una chiara altitudine azzurra, nella quale ghirlande di sogni sfrecciano. Al poeta sembra di vivere proprio un sogno stupendo. Bella anche l’immagine del cielo e del mare che si abbracciano, si uniscono e dormono.
A livello strutturale si riscontra una grande eleganza della forma e si produce una misurata musicalità.
C’è sempre un controllo estremo in questi versi che sgorgano in modo naturale senza il minimo sforzo da parte dell’autore con un’apparente scorrevolezza che sottende una grande coscienza letteraria legata ad una raffinata cultura.
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Raffaele Piazza


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