martedì 18 aprile 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIO BORGHI


UN POETA-ARTISTA DEL MONTEFELTRO

Mario Borghi, l’autore de “Il Montefeltro… luogo dell’anima”, agile libriccino uscito nel 2015 per la QuattroVenti di Urbino, oltre che in tutta evidenza poeta fa il romanziere ma insieme il pittore, l’incisore e il critico di cose d’arte. È nato e vive ad Urbino: pertanto non stupisce che il fervore culturale diffuso nel capoluogo del Montefeltro gli abbia offerto gli stimoli necessari a tirar fuori un proprio mondo interiore.
Se ciò che un tempo si amava definire milieu è stata la condizione per una quasi inevitabile espressività, il dato singolare è l’aver seguito una molteplicità di sentieri (ancora che siano prevalenti l’inclinazione narrativa con ben tre titoli e accanto ad essa la pittura; quanto alla scrittura grafica essa appare un passaggio obbligato ad Urbino, sede come è noto di molti istituti artistici e almeno in passato conosciuta per una scuola dell’incisione che vantava nomi importanti nel panorama nazionale, da Leonardo Castellani a Nunzio Gulino a Giorgio Bompadre, e presso la quale Mario Borghi si è diplomato).
Non sempre evidentemente si sfugge alle proprie radici. Nel caso di Borghi la marcatura urbinate la si ritrova già nel titolo del suo libro. Quella comparazione che si legge nella seconda parte del titolo – “Il Montefeltro… come luogo dell’anima” – e che viene riferita al territorio di cui Urbino è il centro più rilevante, deriva da una ispirata frase di Carlo Bo, quasi un archetipo. Negli anni ’60, quest’ultimo definì la cittadina ducale un luogo dell’anima (senza alcuna introduzione di paragone, com’è invece didascalicamente nel nostro caso). Sempre Bo in una breve nota critica del 1996 intorno alla produzione lirica di Borghi, la dice poesia di verità volta a inseguire “le voci segrete o perdute dell’anima”.
Ma è un fatto che in quella scrittura entri in campo la formazione culturale e artistica del nostro. Che muove dagli aspetti architettonici del luogo per innestarne il meccanismo all’interno del paesaggio come nella particolare luce che l’attraversa e che questi versi almeno in parte intercettano. Una “ambience”, se si vuole, traverso cui filtrano percezione e sensibilità dell’autore nel suo rimettersi a una vena espressiva mai calcolata sulle mere soluzioni formali e all’incontrario rivolta alla piena sincerità del dettato lirico.
La conferma è nel largo impiego di versi brevisillabi fatti scivolare a schidionata, come nel gioco di acquarellate e assonantiche variazioni: “Appare la luna, / così vicina, / adagio, adagio, / dietro il monte San Biagio. / Spettacolo di vita / terrena, / fra il colle e l’arena, / si stende, / improvvisamente, / un fascio di luce / radente” (Notte di luna piena a Maratea, la cittadina lucana che ha dato i natali alla moglie di Borghi, Rachele, e che si riflette specchialmente, e per così dire naturalmente, nell’elettezza rinascimentale di Urbino).
Va da sé che, in Borghi, di soluzioni appunto ricercatamente formali non si sentirebbe bisogno per ciò che esse sono ma per la possibilità che esse risultino veicolo a modalità meglio definite. C’è in qualche sorta una retorica dell’espressione à l’envers: non un modo per mettersi in mostra sul palcoscenico della letteratura ma invece il segnale atto a intagliare l’indispensabile telaio formale che supporti l’empito delle emozioni nel travaso di un’effusione versale che avvicineremmo ai tratti veloci di pennellate pittoriche.
Infine l’approccio di Mario Borghi alla poesia è sincero e confidente. E il contesto che lo motiva, o almeno lo ispira, osservato in ore diverse e da numerosi punti di vista, ci compare nitido e lucente alla stregua delle riflessioni e dei pensieri che esso suscita, metafisici e materici in egual misura: concitati e disvanenti quali si incontrano ad es. ne “L’arrivo del temporale” e anche in altre composizioni.
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Gualtiero De Santi
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GUALTIERO DE SANTI, saggista e insieme studioso di letteratura e cinema, si occupa anche di teatro, filosofia e arti figurative. Tutto ciò in un ambito di ricerca che si richiama all’orizzonte critico e metodologico della comparatistica. Tra i suoi libri: Louis Malle (La Nuova Italia, 1977), Sandro Penna (La Nuova Italia, 1982), Sidney Lumet (La Nuova Italia, 1987), L’Angelo della Storia (Cappelli, 1988), I sentieri della notte (Crocetti, 1996), Carlo Lizzani (Gremese, 2001), Vittorio De Sica (Il Castoro, 2003), Maria Mercader. Una catalana a Cinecittà (Liguori, 2007). Più recentemente sono usciti Zavattini e la radio (Bulzoni, 2012) e Ritratto di Zavattini scrittore (Imprimatur, 2014). Dirige la rivista “Il parlar franco”, sulla letteratura neo-volgare.

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