domenica 14 febbraio 2016

INTERVENTO CRITICO = RAFFAELE PIAZZA

Considerazioni sui testi poetici di Domenico Cara e Donato Di Stasi in “Fermenti” 241 (2015)

“Anche se sconosciuti i versi di Milton” (epigrammi, lapidi, tracce d’impresa) di Domenico Cara è una silloge composta da trentasei testi brevi e compatti, quasi tutti ben risolti in un unico respiro.
E’ molto raro leggere su rivista un numero di componimenti così considerevole di un singolo autore.
Le poesie che il poeta ci presenta, dal tono vagamente epigrammatico, possono essere considerate singolarmente come tasselli di un mosaico più vasto, frammenti di un poemetto il cui filo rosso si può identificare in una scrittura visionaria e anarchica.
Nelle composizioni il ritmo è incalzante e produce una suadente musicalità nei versi armonici, ben cesellati e controllati.
E’ da mettere in evidenza che, nel complesso delle immagini, si realizza una felice fantasmagoria di quadri, spesso irrelati tra loro, al punto da sfiorare l’alogico.
Alcuni dei componimenti hanno per protagonista l’io-poetante, mentre altri possono considerarsi descrittivi.
Il poiein di Cara è icastico, armonioso e leggero e i sintagmi, interagendo tra loro, spesso si dilatano, provocando accensioni e spegnimenti.
Le figurazioni affascinanti procedono per accumulo e scaturiscono le une dalle altre.
Il tono delle poesie (tutte provviste di titolo) ha un afflato gnomico e il complesso dell’opera, nella sua scrittura, si può considerare tout-court un consapevole esercizio di conoscenza.

“Un lettore della domenica” (la complessità prima della catastrofe) di Donato di Stasi, può essere letto come una plaquette, composta da diciannove parti, disomogenee tra loro per estensione e contenuti, tutte sotto il comune denominatore di una forma sorvegliata e articolata.
Il titolo dell’opera pare contenere una certa dose di ironia e la dizione è connotata da una notevole originalità.
Significativo l’incipit dell’intera sequenza (frammento 1):-“La poesia facile è un inganno…/-”.
La suddetta frase è molto densa e può dare luogo a varie considerazioni.
Nel secondo verso il poeta riprende il discorso sulla poesia, che riflette su se stessa, affermando che non è di breve uso la poesia.
Le due affermazioni ci fanno intendere che, quando la scrittura poetica è “facile”, come attualmente spesso avviene, non raggiunge la dignità di vera arte, anche se, eticamente, anche poesie semplici possono avere un senso come mero mezzo per superare la solitudine.
La poesia riuscita esteticamente, contrariamente a quella facile, è un valore profondo degno di stima e di considerazione e dura nel tempo nell’immaginario di chi la produce e dei suoi lettori.
Nei primi due frammenti il poeta s’interroga sull’essenza della pratica creativa, il suo etimo, il suo scopo e i suoi destinatari.
Ottima la tenuta dei versi lunghi che sono molto frequenti.
Poetica del tutto antilirica e antielegiaca, quella dell’autore, caratterizzata da una forte componente intellettualistica e da un grande spessore culturale.
In essa vengono toccati, infatti, temi sociali, storici, di politica e di costume, oltre a quello della poesia che si ripensa, al quale si accennava.
Anche un certo sarcasmo si ritrova nei testi, raggiunto spesso in alcuni passaggi carichi di nonsense.
Il poeta afferma di essere conscio di scrivere per un numero ristrettissimo di lettori, come affermava Alessandro Manzoni.
Linguaggio spesso oscuro quello di Di Stasi che pare avere una forte componente anarchica.
La sua poetica ha per cifra essenziale una notevolissima originalità, che ne fa un modello unico nel panorama odierno e la scrittura è connotata a tratti da un forte scarto dalla lingua standard e, in altri passaggi, da un andamento narrativo e lineare.
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Raffaele Piazza

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