lunedì 28 dicembre 2015

CI LASCIA CIRO VITIELLO

CIRO VITIELLO è morto questa mattina 28 dicembre 2015. Nato a Torre del Greco nel 1936 ha vissuto a S. Sebastiano al Vesuvio. È stato redattore di Altri Termini, ha diretto la rivista di letteratura Oltranza, ha collaborato a quotidiani e a numerose riviste, tra cui ES, il verri, Il Laboratorio, ecc. Per Guida ha diretto le collane Poesia Contemporanea (1982-’85) e Poesia Novanta (1992-1994); per Ripostes Poeti Contemporanei (I992-1995). Nel 1998 nelle Celebrazioni leopardiane ha curato un Omaggio a Leopardi e il convegno Novecento e Leopardi. Negli anni 1997- 1998, ha ideato la Borderart, Le Fome Memori, consustanza sintetica di poesia, arte, haphazard, performance, happening a Palazzo Marigliano di Napoli. Ha ideato e diretto per l’editore Tullio Pironti, la Biblioteca della poesia italiana contemporanea, dove ha pubblicato testi di Luzi, Roversi, Sanguineti, ecc.. Per lo stesso editore ha pubblicato la sua Antologia della Poesia Italiana Contemporanea. Negli anni Ottanta ha realizzato numerose mostre di poesie visive (Napoli, Caserta, Roma, Milano ). È stato componente di giuria di alcuni premi di letteratura. Nel 2011 ha ideato e diretto il Premio letterario Corrado Ruggiero, LO SCRITTORE DELL’ANNO , con una giuria di grande prestigio. HANNO SCRITTO di lui tanti critici, tra cui Manacorda, Gramigna, Cordelli, Pautasso, Pedullà, Luperini, Reina, Verdino, Di Lieto, Squarotti, Anceschi, Roversi, Maffia, Lanuzza, Zagarrio. Ci lascia un uomo di notevole cultura , sempre dedito alla ricerca poetica , e profondo conoscitore della letteratura contemporanea.
*
ANTONIO SPAGNUOLO -

giovedì 24 dicembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = SALVATORE ANZALONE

Salvatore Anzalone – "Dei confini sottili"-- Edizioni Simple – Macerata – 2014 – pagg. 89 - € 12,00

Salvatore Anzalone, nato a Patti (Me) nel 1965, vive e lavora a Bologna.
Dei confini sottili, la raccolta più in limine dell’autore, è un’opera costituita da brevi frammenti, scabri componimenti del tutto antilirici e che possono essere annoverati nel genere epigrammatico, poco praticato in Italia e che vede il suo massimo rappresentante in Giampiero Neri.
Il libro è scandito in quattro sezioni: Tempi di attesa (1 parte), Giorni migliori (2 parte), Dei confini sottili (3 parte) ed Epilogo.
E’ la continuazione del testo L’equilibrio dell’anima, pubblicato nel 2007.
Con questo volume Anzalone continua il suo itinerario di ricerca tutto incentrato, come dai titoli delle sue raccolte, sul tema dall’equilibrio dell’anima e dei confini dell’io – poetante che cerca, in ogni modo, nella scrittura poetica, con la massima fiducia nella parola, di salvarsi con la poesia stessa.
In questo inizio di millennio occidentale la poesia si trova a divenire antidoto contro uno scenario disumanizzato.
Salvatore quindi può essere definito tout-court un figlio del suo tempo, quando proprio per via dell’incomunicabilità tra gli esseri umani, i libri di poesia si moltiplicano.
Lo stile adoperato dal poeta è cristallino e nitido e, rispetto ai libri precedenti più essenziale, meno strutturato e più gridato.
In realtà, ad un’analisi più profonda, possiamo dire che l’autore privilegia qui un contesto che appare connotato dagli ottimi strumenti tecnici della sua officina e da una profonda coscienza letteraria.
Il linguaggio e il poiein non sono mai elementari e, ad un’analisi accurata, possiamo constatare con sicurezza che in questi componimenti c’è una forte dose di scarto dalla lingua standard.
C’è anche il tema della metamorfosi quando la materia dell’uomo diviene muschio o albero.
Il poeta a volte si apre, nei suoi tessuti, ad accensioni liriche, a squarci in cui si proietta più l’anima che l’affettività dell’autore.
E, in generale, le poesie di Dei confini sottili, si stagliano sulla pagina come acuti esercizi di conoscenza, eccessi della mente che cercano di esplorare le cose più sottili.
Nella compattezza del testo troviamo la presenza di un consapevole esercizio di ricerca.
Anche se l’opera è scandita, è permeata da una vaga essenza poematica, una valenza che si esplicita, per usare una metafora, in un insieme di minuti tasselli che costituiscono un sistema più vasto ed omogeneo, simile ad un mosaico.
A volte i componimenti sono costellati da una sottile ed amara ironia.
Libro originale, efficace ed intrigante perché ha per argomento tutte le pulsioni della mente umana: le tensioni verso l’amore, la gioia, il regno animale, il limite, Dio, la morte e la chimera della felicità.
*
Raffaele Piazza

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia vive il giardino"

Prealbare chiarore del freddo
di dicembre a invadere di
Alessia l’anima a entrare
nella pelle di ragazza Alessia
rosso fragola vestita.
Gialle le foglie dell’albero
del quale non sa il nome.
Di tante tinte del giardino
senza sosta i fiori nel guardarli.
Entra nei verdi delle piante
con degli occhi la pazienza
coltivati, apre la bocca
e dice amore per scaramanzia.
Viaggia l’amore Alessia
nei passi nel giardino fino
alla sorgente centrale e di
rinascita le acque beve
per gioco nell’interanimarsi
con il mattino.
*
"Alessia legge le stelle"

Monitor di cielo, sotteso
blu infiorato da stellemargherite,
luce intermittente nel proseguire
dagli occhi all’anima di Alessia
a irradiarla, a dare gioia
nell’interanimarsi con Venere
(oltre che con la luna).
Si sono aperti i cancelli dopo
i sogni belli e ride Alessia
come una donna e legge
in una piccola stella le parole:
sarai felice!!!
Trasale Alessia
e vengono gli aironi.
*
"Alessia e il 2016"

Sterminato orizzonte
linea cielomare,
sguardo dal Parco Virgiliano
su Napoli che ancora
esiste. Alessia non naufraga
nell’infinito azzurro,
preferisce un fiore d’erba
colto per scaramanzia
per un felice 2016
duale con Giovanni.
Cancelli del parco e della
mente si aprono al sogno
più bello (cavalcata al
maneggio e poi fare l’amore).
Si schiude la fabula
in chiara terrena sintonia,
sedici anni contati come
semi. Specchio di lago
assente nel realizzarsi,
pace.
*

"Alessia mangia le fragole"

Si chiede Alessia cosa ci sia
dietro un sapore di fragola.
Il rosso mette in bocca
nell’assaporare la storia
(il primo giorno con Giovanni
di due anni fa).
(sa di essere fantastica il
gusto aspro a scendere
nell’anima)
Felice coglie fragole Alessia
nella bocca di rosa, le mette
senza lavarle e si sente
ninfa selvatica per l’amore.
(tanto non mi lascia).
*

"Alessia nella neve"

Bianco a invadere di Alessia
l’anima. Nevica sul Parco
Virgiliano. Ansia di gioia.
Storia di baci con Giovanni.
(Non mi lascia) pensa Alessia
della felicità al culmine.
Ha ancora sul corpo le tracce
dell’amore di ieri, l’odore
di Giovanni. Freddo a scendere
nel tempo del nevaio
gennaio che continua.
Vede che il Bar Virgilio
ancora esiste, festoni natalizi
a illuminarlo. A pervaderla
il sogno più bello, Alessia.
*

"Alessia e il tempo freddo"

Sera nel freddo di gennaio,
mese del nevaio.
Attende Alessia qualcosa
che s’inveri, uno squillo
di telefono, l’aurora ad ogni
passo, uno sguardo,
un’amica, l’amore con
Giovanni. A poco a poco
si dirada dei desideri la nebbia
nell’interanimarsi con
di luna, l’immobile lucore.
Fino alla portineria – acquario
il percorso: nella cassetta
incielata di lui la lettera.
La legge Alessia e trasale
(è il giorno più bello).
*
Raffaele Piazza

mercoledì 23 dicembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCA LO BUE

FRANCESCA LO BUE: "Moiras" - Edizioni Scienze &Lettere 2012 pp.143 Euro 12

Abbiamo incontrato Francesca Lo Bue nel 2010 quando ci ha fatto conoscere, presentandolo a Pianeta Poesia, il suo "Non te ne sei mai andato" che l’autrice ha dedicato alla terra natale, la Sicilia, e soprattutto al padre Salvatore prematuramente scomparso.
Un libro bilingue, come le raccolte che seguiranno, perché Francesca è vissuta la gran parte dell’infanzia e tutta la giovinezza in Argentina, terra da cui ha sorbito i colori e i contrasti, e la cui lingua morbida e rotonda ha fatta sua, tanto che nella creazione poetica è privilegiata, e soltanto in seguito tradotta in modo libero e non banalmente letterale, in italiano.
A distanza quasi esatta di un anno, nel novembre 2011 abbiamo presentato il suo L’emozione nella parola la cui stesura in lingua spagnola era precedente a Non te ne sei mai andato, stesura in seguito arricchita con la traduzione in italiano delle poesie e con una Nota di cui volentieri rileggo i primi tre versi particolarmente belli e intensi :

Perché la Patria non è una né geografica/ Perché la Patria è il cuore/ Perché la Patria è l’espressione delle parole del cuore ( p.15)

Ora l’autrice ci propone il suo ultimo lavoro bilingue Moiras per le Edizioni Scienze e Lettere di Roma, bilingue nelle poesie privilegiando sempre lo spagnolo, ma la cui densa, emozionata Premessa si legge nella sola stesura in italiano.
Un omaggio a Roma, la protagonista della silloge?
Roma, infatti, ultima patria di Francesca, è il tema della raccolta nella quale il destino che il titolo suggerisce è quello della città ma anche quello dell’autrice : destini che si fondono e confondono in un intreccio emotivo dagli esiti simbolici e poetici quanto mai suggestivi .

Leggendo le composizioni della silloge mi sono venuti alla mente i versi di Octavio Paz ( Messico 1914-1998 Nobel 1991 ) che nel suo Libertà sulla parola (Guanda 1965 Collana Fenice diretta da Giacinto Spagnoletti : da notare la vicinanza del titolo del libro di Paz con il titolo 2011 della nostra poeta ) ci parla del Destino del poeta con queste parole :

Parole?/Sì d’aria/ perdute nell’aria./ Lascia che mi perda tra le parole,/ Lascia che sia l’aria sulle labbra,/ un soffio vagabondo senza contorni,/ breve aroma che l’aria disperde.// Anche la luce si perde in se stessa.

Il destino del poeta per Paz, ma anche per Francesca è quello di perdersi tra le parole per ritrovare e ricomporre il filo della vita oscurato e schiacciato da un dolore originario, per tentare disperatamente un rammendo allo strappo della storia.

Per Paz la poesia diventa atto di liberazione dentro una memoria continuamente portata alla luce ( vedi L’arco e la lira ) . Francesca condivide fin dalle sue prime raccolte tale convinzione e anche nella recente Moiras : qui Roma appare con i contrasti, le luci, le solitudini, il buio, il sogno e le speranze della Lo Bue. Qui la memoria riscatta il tempo perché : Roma è degli antenati : sono loro che trasformano il tempo in Bellezza e Religione ( p.8 Premessa).
Il riscatto della Città, tuttavia, come quello dell’autrice, passa attraverso dolorose contraddizioni, che la scelta dell’immagine di copertina del libro iconicamente riassume.
Si tratta di un allattamento, non quello classico della lupa capitolina nei confronti dei gemelli, ma quello rappresentato dal pittore Niccolò Tornioli nel dipinto Carità romana… dove la donna allatta un vecchio mentre il bimbo alla sua sinistra implora e piange… : Roma ( o Francesca?) che predilige il passato e trascura l’oggi?
Roma (o Francesca?) in continuo stato d’indecisione tra passato e presente?
E tra il vecchio e il nuovo chi perde? Perché la donna porge il seno al vecchio ma guarda l’infante.
Domande che adombrano altre domande dei testi che abitano il libro dentro colori spesso cupi di dolore, di considerazioni oscure (p.23), di vento febbricitante (p.25).
E se talvolta Roma appare nella grazia splendida d’un giorno pieno di luce, resta pur sempre Romasola (p.33).
C’è un sole senza tramonto ( p.109) che incombe su un Tempo sempre livido (119) e un sogno dimenticato s’accende come stella nella foschia della sera (127).

Le domande della poesia, frequenti com’è nello stile della poeta rincorrono passato e presente e si fondono con il singhiozzo millenario (p. 129 ) della città, cercando risposte al dolore, a quello che Francesca chiama il sorriso del nulla (125) deluso anche dal Dio cristiano del cui nome l’Urbe porta vanto, ma che appare lontano e assente .
Dorme Dio nel suo specchio secco/ nel lusso della sua pace? (85) grida la poesia al cielo che appare sempre più alto ( e il cielo è alto…alto – p. 127 ).

I crolli, le ferite delle pietre romane soffrono lo stesso male delle ferite della donna autrice che tuttavia non vuole arrendersi alla fatalità d’un destino avverso.
C’è uno squarcio di luce nel Vespero e sopra il muro lungo, spesso appare lo Straniero, l’Angelo (133) dentro il cui volo fermo ma denso di simboli si definiscono e si proteggono nome riscatto e salvezza non solo della Città Eterna, ma anche di chi, come Francesca, vi ha legato il proprio destino.
Un destino che allaccia e congiunge Francesca a Roma, ma soprattutto alla poesia, frutto perenne che rosseggia nella siepe oscura, frutto il cui succo d’emozione e visione possiamo anche noi assaporare leggendo i versi effusivi e densi di richiami culturali ed esistenziali di Francesca Lo Bue.

P.S. Moiras porta in Appendice la traduzione in italiano d’una poesia di Francisco del Quevedo Y Villegas dedicata a Roma, e quella in lingua spagnola di due composizioni romanesche Carcinacci e Il fiume de Roma, con chiuse poetiche della stessa Lo Bue.

Mariagrazia Carraroli

SEGNALAZIONE VOLUMI =EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka – Trivella--Genesi Editrice – Torino – 2015 – pagg. 131 - € 12.00

D’origine francese Edith Dzieduszycka nasce a Strasburgo dove compie studi classici.
Oltre alla scrittura conduce un’attività artistica con personali in Italia e all’estero.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, romanzi e libri di racconti.
“Trivella”, il libro dell’autrice che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Sandro Gros – Piero ricca di acribia e approfondita.
La raccolta molto estesa è scandita in due sezioni intitolate “Andata e ritorno” e “Nulla per te”.
Elemento fondante, da mettere in rilievo per entrare nel merito della struttura delle composizioni dell’autrice, tratto che sottende anche il senso semantico dei versi, è quello della disposizione degli stessi, nel corso di tutto il percorso dell’opera, centrati sulla pagina.
Così le poesie si distendono in un percorso sinuoso e intrigante con il quale mutano i rapporti tra le varie immagini descritte, tramite una forma accattivante sottesa ad un’amplificazione dei rapporti tra significati e significanti.
Tutte le composizioni sono prive di titolo e numerate e in esse si mescolano sensazioni tattili e corporee con riflessioni filosofiche quasi esistenzialistiche.
La poeta produce tessuti linguistici affascinanti, arazzi si parole logicamente collegate, che hanno la funzione si aprirci squarci sul suo universo interiore, sui passaggi che legano l’esserci con il mare magnum del mondo nel quale è inevitabilmente gettato.
Per la loro compattezza le due parti della raccolta possono essere definite come due poemetti autonomi, nei quali si affonda nelle pagine nel leggerli, in un versificare denso e rarefatto, cangiante e multiforme.
La scrittura di Edith è da considerarsi, nella sua fluidità e rarefazione come del tutto antilirica e antielegiaca, un fiume cristallino di sintagmi che creano visioni che scaturiscono le une dalle altre con accensioni e spegnimenti continui.
L’unitarietà è data da un flusso di coscienza coerente che si traduce in poesia tramite meccanismi per cui quanto espresso deriva da spinte inconsce per debordare in frangenti spesso anarchici e densi..
Un universo caleidoscopico, una polifonia di situazioni che si susseguono tra accensioni e spegnimenti, spesso in un gioco che può apparire minimalistico, costituisce quella che può essere intesa come la chiave interpretativa di “Trivella”.
Perché nell’estrinsecarsi suddetto di ogni singolo verso sulla pagina, spesso costituito da una sola parola, s’inverano i rapporti tra detto e non detto, dando al risultato una tensione verso una magica sospensione.
Allora, come dal titolo, il poiein si fa esercizio di conoscenza e le stringhe di parole acuminate divengono globalmente una trivella che scava negli interstizi più riposti dell’esistere per fare emergere tante possibili verità che solo la poesia può rendere conosciute al giorno, alla luce.

Raffaele Piazza

martedì 22 dicembre 2015

RIVISTA = L'ORTICA

L'ORTICA - anno 29 . ottobre 2014 - marzo 2015
Sommario :
Walter della Monica : Mario Cicognani
Olivera Masanovic : poesie (traduzione di Valeria Di Virgilio
Glauco e Slai Gardini : I giorni di Lorenzo
Davide Argnani : Rovistando riviste
Giancarlo Dini : Poesie
Davide Argnani : Segni e segnali dal nuovo millennio
Pasko Simone : Al mare con Francesca
Michele Leoni : Brevi riflessioni su amore e amicizia
Davide Argnani : Lamberto Pignotti
Concorsi.
Riferimento : centroculturalelortica@gmail.com

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIULIO MARCHETTI

Giulio Marchetti : “Ghiaccio nero” – Gliuliano Ladolfi editore – 2015 – pagg. 56 - € 10,00 –
(prefazione)-
Il tessuto intellettuale di un contesto poetico, il cui impatto emotivo risulta prima di tutto trappola per il lettore attento e agguerrito , privilegia senza alcun dubbio il linguaggio , alludendo ad un intermediario specifico che tenta di incrociare progetto e figura. Il mito non riesce a sopravvivere , nascoste le trasfigurazioni nelle quali bisogna confidare e perdersi. Nel nostro l’arte si colloca di nuovo nel rapporto fra la tradizione e l’universo postmoderno nell’accorato scenario di forme vuote , magari ripensate con distacco utopico , e il positivo impatto della memoria involontaria nel riuso della parola. Una parola ripetutamente incisiva , che cerca con insistenza e capacità personale di creare l’atmosfera giusta per le vibrazioni del pensiero costretto a levitare tra le coincidenze delle mutazioni e gli incidenti dell’imprevisto.
“Chiedo luce a questo niente
e poi torno a subire
il silenzio.
Forse l’oscurità non è
una zona di passaggio,
è il mio luogo di nascita.
Altro che pienezza dell’alba,
qui è già tanto la scintilla
di un bacio di cristallo.
Dammi almeno
un’alternativa
al futuro.”
Incredibilmente solitario e sperduto nel silenzio il poeta sembra disorientato , spinto contro il vuoto, che lancia la sua trappola in un crescendo da vertigini. Anche il futuro appare illusorio. L’interpretazione di questo vuoto soffoca, con la sua immagine riflessa, nella quale confidare e contemporaneamente perdersi, al punto da trasfigurarsi in un bacio di cristallo.
A partire dal titolo uno stato altalenante sorprende ed avvince per il raggelamento determinato dal nero e rende misteriose le figure : Rimuovere la carne per nascondere le tenebre ? Sperdersi nel sogno per dar principio al fuoco ? Raccogliere “l’inchiostro rosso delle vene” per partecipare l’amore discreto ? Scegliere abissi personali per poter rincorrere la speranza ? Fermare il tempo che scivola nelle attese , per avere fra le mani mille fiori e qualche istante di colore ?
“La tenebra
è un mercimonio
di stelle rubate
allo spazio bianco
e nero. L’alba
è un fiore abbandonato
nel cimitero delle speranze.
Ci vorrebbe il mare
ad inghiottire
la schiuma dei ricordi.”
Insiste il segno della tenebra e del nero , nelle suggestioni della luce che a tratti riesce a squarciare riflessi. Il poeta cerca di rendere il mistero che nasconde la memoria, ed avvolge nuove presenze nella fusione degli elementi naturali, ben coniugati all’incanto di una sublimazione.
Nel verso straordinariamente duttile e dinamico , lontano dalle ritmate giunture, nel verso a volte fluido e magnetico , a volte duro ed insistente, adatto alle svariate compulsioni del magma emozionale e discorsivo , si dipana il timore della sopravvivenza e l’equilibrio incerto delle illusioni.
Qui gioca anche una sorta di mitico equilibrio tra cultura e ammiccamenti nella assoluta autenticità della propria paura di perdere ansie e mediazioni, modulazioni delle esperienze , nel declino della oggettualità , che sembrerebbe condurci alla soglia del declinare e del deragliare.
“Resto qui
dove un singolo passo
calpesta a morte
la speranza
e consuma i primi sogni
di primavera.
Aspetto che il sole scenda
al livello delle mie lacrime
per nutrire questa terra bambina
almeno un poco,
un poco farla essere di più.”
Si giunge ad una mixture narrativo poetica ove gioca la condizione di esistenza, che cede per immergersi nel sogno e che sussurra, per una parola acronica, anche il senso paradossale del nulla. Lo sgomento per il disfarsi della bellezza , un dono che elargisce troppo poco e che il tempo dissolve senza pietà nel giro inaspettato del soffio , opprime così che anche “la vita è polvere caduta / sulla pelle morta dei sogni.”
Una incerta forma di esperienza sapienziale e forse mistica racchiude il simbolo che l’autore incide sulla pagina per una forma che realizza i suoi reperti ben controllati nel verso, verso che, anche se calato in misure brevi e fulminanti, ha una sua compostezza nell’arco della interpretazione classicheggiante. Il recupero della parola sembra affondare proprio nella sfiducia di un linguaggio che possa esperire le verità ultime delle cose e degli avvenimenti quotidiani. Una vera e propria tensione che aggancia lo scarto positivo del lemma , per cui il poeta esce da ogni prospettiva di ripiegamento su se stesso per corrispondere angosce e gioie , interrogativi e sospensioni , certezze e dubbi , nel piano lineare che caratterizza la propria individualità.
Sul piano formale tutta la raccolta di Giulio Marchetti resta caratterizzata da un uso alquanto accentuato di forme della ripetizione , tra le quali l’anafora che tratteggia variazioni di slittamento, e le estensioni del significato tecnicamente luminose per soluzioni adottate.
ANTONIO SPAGNUOLO -





lunedì 21 dicembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo, ULTIMO TOCCO, puntoacapo (Pasturana 2015)

«Parlami ancora di te, dei tuoi singhiozzi,/ delle incertezze incredule che non hanno senso,/ perché un certo infinito gioca a beffare/ il turbinio dell’incoscienza». A seguire il commosso Oltre lo smeriglio (Kairos 2014, già recensito in questa rubrica nel gennaio del 2015) quest’ultima raccolta di Antonio Spagnuolo si muove nell’identico solco con una, se possibile, ancora più intensa apertura sulle stanze della propria intimità, mostrandoci dunque la ferita di un lutto ancora non sanato, e dalla cui elaborazione scaturisce questo secondo atto. Libro sul dolore e sulla perdita, è, appunto come l’altro, assai difficile da giudicare. Non certo per le qualità sempre alte della scrittura di Spagnuolo, con versi assai controllati e nitidi, persino nei momenti di maggiore fragilità emotiva o di catarsi, ma proprio per l’evidente esperienza personale che ne scaturisce e che invoca una simpatia immediata sul piano umano, dunque un diverso approccio alla materia poetica, non più estetico ma emotivo. La raccolta si suddivide, come la precedente, in due sezioni: la prima, da cui prende il nome la raccolta, disposta secondo un ordine alfabetico interrotto alla lettera M, da cui poi scaturisce la seconda, Memorie, che conta quarantasette poesie. A differenza della precedente, però, in cui la prima delle due sezioni aveva una carica maggiormente sperimentale e la seconda più lirica, qui non c’è distacco fra le due: l’intera raccolta ha una tenuta assai forte e unitaria nell’umana discesa all’inferno quotidiano della mancanza, e delle sue inevitabili conclusioni: «Sei stata una passione,/ ora sei gesto di estrema solitudine». DA " INCROCIONLINE"-dicembre 2015 -

domenica 20 dicembre 2015

POESIA = FELICE SERINO

Cieli bianchi

cadute virgole
dalle pagine dei giorni
come un assordare di cristalli

poi brividio
di luna nel cerchio delle sere
cieli bianchi di silenzi

a propiziare un appiglio
per reinventarsi
la vita

*
Nuvole vaghe

le nuvole vaghe a guisa di pegaso
o capra e in pacato risveglio
il sangue del tuo ieri connesso
alla vista del bimbo nel levarsi
dei piccioni in volo davanti
ai gridolini acuti e
più a lato
della piazza il vecchio
in carrozzina
tornato bambino a ricordarti
l'esistere parabola
di carne
nel pulsare dell'universo
e il conto degli anni
i voli pindarici del
sognare

*
Vita di mare

essere circoscritto
nel tuo spazio ti sta stretto
assumere come l'acqua
la forma
del suo recipiente ti deprime
aneli come la sorgente
alla sua foce
amalgamarti coi fondali marini
conoscere
l'alfabeto dei pesci
gli anfratti i fatti
del giorno dispute e amori
coordinate d'una
vita di mare in divenire
le tempeste che tengano
l'anima tesa sul grido
come achab

*
Nuova poesia

non dirmi
che questa in grafia minuta
è "inconsistente" come
la mia "collezione di farfalle"

cielo grigio si riflette
negli occhi

-unforgettable

piove l'immagine
di te attraverso il vetro
mentre

il marciapiede si allontana

ho da dare i miei occhi a quel che passa

*
Oasi di verde

sul lato opposto un po' d'ombra
il solito giro poi
la panchina il libro
oasi di verde da respirare
vaghezza di nuvole a riflettersi
sulla pagina
e i gridi
dalla vicina scuola
di chi anela alla libertà degli uccelli
e la ragazza a fare footing
tempo quattro minuti tondi
e ecco da dietro l'isolato laggiù
ti rispunta la maglietta rossa

*
Conosco le voci

conosco le voci che muoiono
agli angoli delle sere

conosco le braccia appoggiate
sui tavoli nel risucchio
delle ore piccole
l'aria densa e le luci
che lacrimano fumo

e lo sferragliare dell'ultimo tram
la nebbia che mura le strade

conosco
i lampi intermittenti della mente
i singulti che accompagnano
quel salire pesante le scale
la morsa che afferra e non sai
risponderti se la vita ti scava

e il freddo letto poi fuori
dal tunnel
un altro mattino

per risorgere o morire
*
FELICE SERINO
*
Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.
Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Frammenti di luce indivisa” del 2015); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E’ stato tradotto in sette lingue.
Intensa anche la sua attività redazionale.

venerdì 11 dicembre 2015

POESIA = ANGELA DE LEO -

"DICEMBRE E LA LUCE"

Dicembre ha passi di nostalgia
e un rimpianto di lune tra gli alberi dell'attesa
Rompe silenzi di navi alla deriva
quando è rimorso e premio
tornare sui luoghi che sono stati
e mai più saranno
in un sospetto di neve ai melograni fioriti
E tu che raccontavi favole
ai pastori del presepe
-cartapesta zolle profumo di muschio fresco
rubato alle albe dei giorni perduti -
nell'incenso di chiese e di campane.
Vibrava nell'aria un segreto di stelle
e quell'unica cometa
fuori dal coro
(se sai il mistero della Luce
ancora oggi mi chiedo).
*


"ALLA VERGINE"
Nazareth di Galilea
germoglio di sole nella sabbia
ed era già marzo.
D’ambra il viso
e di cristallo il cuore,
una fanciulla, colma la brocca,
tornò dalla fonte.
L'ombra della piccola casa
colmò di luce un ricamo d’ali
e trafisse occhi di giglio,
il grembo, il suo candore.
Lode a Te, Miriàm,
la benedetta del Signore,
in Te le profezie trovano dimora -
l’ Angelo disse.
Sarai nido del figlio di Dio
e avrai lacrime di sangue e mani
infinite-
per il cuore degli uomini in pianto
nella terra di rovi che attraverserai
col tuo manto di cielo e corona di stelle.
Così disse l’Angelo.
E nacque un Bimbo di neve e di fuoco
e si fece Cristo per amore, solo per Amore.
Memore del Tuo pianto, ora
Ti affido una solitudine d’abbandono,
le vie di tutti i figli delle terrene madri
e il contraltare del mio canto,
dono prezioso più dell’oro,
in un sussurro a chiederTi perdono,
tenerissima Madre,
conchiglia d’ascolto,
primavera d’ogni Resurrezione
nell’Universo.
*
ANGELA DE LEO

mercoledì 9 dicembre 2015

UN RICORDO = POESIA DI RODOLFO TOMMASI

"EPILOGO"
( a Paolo Guerrini )
I
Perché non m'abbandona
la vista di una terra ingenua e oscura,
terra scontrosa che non mi ha appagato ?
Chiuso da un cupo cerchio di silenzio
tu vivi alla immagine riflessa
nel fremito che scorri dei miraggi.
Scrivi , e i tuoi segni , canne di palude,
hanno radici d'alito disfatto,
e chino , stanco di un sorriso a nubi,
resti , e aspetti le voci che hai sperato.
Io forse solo nel dolore avere
potrò le mani che dovrò condurre.
In me angoscia, rimorso ed egoismo
annidano la mia battaglia sorda:
non ho temuto, io , di abbandonare
il silenzio innocente:
e la calma felice, troppo tardi,
e la pietà non mi hanno visto vero.
II
Lontano, dove tutto è sfumatura
lenta di viso opaco e di lamento,
mi dai la luce estrema di un'immagine
come soltanto in sogno può apparirmi
nell'ossessiva salma dell'aurora.
*
Rodolfo Tommasi (1946 - 2015)

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Due dicembre 2015 di Alessia"

Si sono aperti i cancelli
della freddezza del platino
sul far della sera. Atmosfera
di ebbrezza dopo il vino
bevuto da Alessia
e il giorno impresso
nei fiori del prato in armonia
terrena. Sfiora Alessia un
compito di ragazza, mettere
in ordine la casa. Di Giovanni
la telefonata attendere, il rosso
del cellulare ad accendersi,
in armonia terrena. Ed è l’amore
prima che lui dica pronto
a tessere oltre il deserto
un nome. 2 dicembre
nell’avvicendarsi della nuova
stagione a berla in sorsi
per ricordare la storia dei baci,
i regali di Giovanni,
gli slip, le maglie per
il freddo ed è 2 come fa
la coppia, cabale per ragazza
Alessia a respirare aria
azzurra e bianca, poi il
caldo nel letto da Giovanni
madia per la vita.
*
"Alessia verso Natale 2015"

Pomeriggio di fabula
nella favola per ragazza
Alessia nella continuazione
della vita, gli ostacoli saltati
dal bianco del cavallo
(l’interrogazione su Petrarca,
l’amore con Giovanni,
da Veronica la festa dove si
è divertita). Attimi rosapesca
nell’aria liquida di freddo.
Sta bene Alessia nel fresco
sotto il piumone dopo avere
studiato a riposarsi e sarà
Natale 2015 con regali e feste
e ceste di fortuna fino
all’Epifania oltre il male
e il mare.
*

"Alessia e la polita neve"

Sui monti del Matese ragazza
Alessia nel cogliere una stella
assente dal sembiante bianco.
Nel nevaio Alessia a rinfrescarsi
nel ricamare di gioia pensieri
(non mi lascia e stasera facciamo
l’amore).
Tocca la neve, il ghiaccio Alessia
e trova muschio e un bucaneve:
un buon presagio pensa Alessia
per migliorare nel sesso dopo
dell’altro ieri la prima volta
e il sangue.
*
"Alessia tocca la luna"

Luce di luna tocca l’anima
di Alessia a pochi tiri di sasso
levigati dall’attesa. Attimi
rosapesca. Largo alle vele
della vita di Alessia, selenica
navigazione nel cobalto
del mare. Limite superato
tra bene e male, gioia e dolore.
Vede Alessia: il Mediterraneo
ancora esiste. L’ancora logorata
della nave, ma a Capri
l’aveva portata il suo pensiero.
*
"Alessia e l’amuleto"

Sera di luna di platino a
toccare luce di Alessia
l’anima nell’interanimarsi
con il chiarore, a entrare
dagli occhi luminosità
ad ogni passo nell’inalvearsi
nell’albereto accanto a
di Alessia la casa nel freddo
e il cielo di un azzurro
quasi spento nell’intensificarsi
in cobalto e poi farsi lavagna.
Per scaramanzia Veronica
per Natale ha donato una
moneta ad Alessia:
se la tocco Giovanni
non mi lascia.
*

"Solitudine di Alessia"

Il giardino dell’infanzia
contempla ragazza Alessia,
i fiori gialli senza nome
tra l’erba bagnata l’odore.
Lontano è Giovanni,
distante molti alberi
nella campagna e stasera
le telefonerà. Stringe Alessia
nelle mani affilate
l’ultimo dono il vestito
per della vita la festa
a casa di Veronica domani.
Solitudine di Alessia
nel coltivare con pazienza
i verdi delle piante nella
casa.
*
Raffaele Piazza

domenica 6 dicembre 2015

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

– “Crepuscolo”
Incisa nell’avorio ritorna la promessa
del vuoto che mi assale in questo inverno,
per il tuo azzurro che lontana orizzonti.
Forse mi affido al solito silenzio
negli spazi ristretti del ricordo,
che si ripete e supera confini
alla ricerca di una sillaba confusa
incredula all’incanto del crepuscolo.
Ho sempre da intagliare le attese
impotente alle ferite del palmo
alla sete che svena nel timore :
inghiottita dal buio ripeti una preghiera
che non ha senso.
***

– “Vortice”
Al mio taglio ripeti quel sorriso
che ti rendeva bambina:
incomprensibile paura di perdere ad un tratto
la cifra misteriosa oltre l’incandescenza dell’amore.
Avevi lo stridore delle radiazioni, tutto l’abbandono
delle docili membra
là dove non giocava la ragione
dimentica dell’invidia dei vecchi.
Ora io son vecchio e la spina selvatica mi punge,
e il rintocco del bronzo mi stordisce,
mentre il richiamo delle tue ossa precipita
in un vortice che non so raggiungere.
*

ANTONIO SPAGNUOLO

CONSIDERAZIONI SU POESIE = DANIELE PIETRINI

--Considerazioni sui testi di poesia di Daniele Pietrini in “Fermenti” 243 – (2015)--
“Pulire” di Daniele Pietrini comprende tre componimenti non suddivisi in strofe.
Le poesie sono originali per il loro tema che si evince dal titolo e “il pulire” stesso diviene simbolo della volontà di detergere il dolore dell’esistere, la ferita dalla quale sgorgano proprio i versi.
Intrigante il tema delle piastrelle del pavimento da rendere pulite, metafora di una vita nella quale, nel suo mare magnum, si tende a fare ordine.
Pietrini chiede alle piastrelle la sua apparizione, l’improvvisa comparsa di un nuovo significato nel mondo.
Centrale nelle composizioni un “tu” al quale il poeta si rivolge, che ha molti riferimenti.
Questa figura misteriosa e carismatica fa spazio alle cose, diventa ponte, dà appuntamenti in alto e al suo passaggio tutto è più luminoso, è benvenuta in una dimensione superiore e incrementa la massa del sole.
La suddetta entità può essere intesa come l’elan vital, lo slancio vitale di Bergson o lo Spirito Santo o un inconscio controllato, una forza creatrice, forse modellatrice essa stessa dei versi.
In altro senso può essere interpretata come la figura dell’amata che, con la sua epifania, arriverà per rischiarare la vita del poeta, o come un essere vago pari a Godot, che si attende con ansia struggente ma che non arriverà mai, per citare Beckett.
Sospensione e magia in queste composizioni di Daniele, che hanno venature orfiche e vagamente neoliriche.
Anche una poetica di tipo ontologico sembra quella di “Pulire” per un costante riferimento all’essenza dell’io-poetante nel suo ripiegarsi su se stesso.
Cifra essenziale della scrittura di Pietrini è quella di una forte e precisa compattezza formale e di un’avvertita densità semantica.
Lo stile è caratterizzato, per ogni composizione, dall’unione di più frasi staccate tra loro tramite punti.
Questo procedere per accumulo rende i testi molto icastici e notevoli sono la forza metaforica e sinestesica.
E’ presente una bellezza vaga nei versi nei quali Daniele dice al “tu” che nessuno noterà il suo passaggio, che tutto qui dentro parlerà di lui e che comunica da una piastrella all’altra un nuovo modo di respirare.
Una salutare tensione verso una rinascita, una rigenerazione, nonostante lo spessore asettico delle piastrelle, porta il poeta e il suo immaginario ad una tensione verso il fantastico e il meraviglioso.
Già nella raccolta “Il fortino dell’invisibile”, “Fermenti” 2013, si avvertiva il carattere personalissimo dei componimenti del poeta, che divengono un esercizio di conoscenza.
*
Raffaele Piazza

venerdì 4 dicembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA ANTONIA MASO BORSO

Maria Antonia Maso Borso : “Notturno” – Ed. Biblioteca dei leoni – 2015 – pagg. 160 - € 13,00 –
La musica che accompagna queste poesie è il motivo luminoso che distingue la capacità di tessere il canto che la poetessa incide con una personale abilità culturale.
“Le parole sospinte / ai muri del silenzio / rimbalzano felici / nel chiasso delle strade / portando , a noi confusi ,/ nuovi indizi./ L’orecchio è teso a suoni inusuali, / l’occhio, più acuto,/ sorpassa l’oggi e l’ieri.”
Un rimbalzare di ritmi tra gli incerti traguardi che il tempo incide sulla nostra pelle e il mordere e succhiare delle illusioni , che tramano nei sogni. Ogni pagina han qui un suo preciso momento lirico: dall’alba al tramonto , dalle stagioni al quotidiano , dal canto degli spazi allo scompiglio di un fulmineo amore , dal velluto di un fiore al profumo della carne , dalla strana partita doppia dell’amor senile agli algidi silenzi del dubbio , dal respiro confuso degli incantamenti alle inquietudini del passo seduttore.
La tensione che scaturisce dalle liriche è un cortocircuito che oscilla tra le frasi controllate ed asciutte e le numerose metafore, che rendono il canto un costante gioco della emozione.
ANTONIO SPAGNUOLO

CONSIDERAZIONI SU POESIE = di GIOVANNI FONTANA

Considerazioni sui testi di poesia di Giovanni Fontana in “Fermenti” 243 - (2015).

Giovanni Fontana è presente con "Per le segrete stanze, interrogazioni itineranti su tempi e spazi".
Con la suddetta opera l’autore si conferma nella sua ricerca sperimentale personalissima, antilirica e antielegiaca al massimo grado, tendente all’alogico, a tratti anarchica, debordante, tra echi e suggestioni dalle molte provenienze e con inserti in lingua inglese.
Da notare che lo scritto è stato redatto per un gruppo di artisti e registrato con Massimiliano Cerroni al clavicembalo.
Quindi il lavoro è da considerarsi il testo per una perfomance di poesia sonora, espressione sulla quale il poeta ha scritto vari saggi.
"Per le segrete stanze" può essere definito un poemetto per la sua unitarietà, anche se è difficile identificarne i contenuti, le tematiche.
La cifra distintiva della poetica di Giovanni è quella di un’esplorazione delle varie modalità formali e semantiche di esprimersi con la parola scritta.
Quest’ultima, nel suo caso, si rivela spesso in commistione con la parola recitata, con un sottofondo musicale, producendo risultati intriganti, degli ipertesti, attraverso le diverse linee di codice utilizzate.
Già in "Osservazioni ed adattamenti", silloge inclusa nell’antologia Dentro spazi di rarità, “Fermenti”, 2015, è evidente la scrittura personalissima dell’autore, che tende a sovvertire i canoni consueti dell’ordine del discorso.
Un linguaggio criptico, accattivante e affascinante, segreto (non a caso il titolo della composizione è Per le segrete stanze), caratterizza questo lavoro di Fontana.
Elemento chiave per entrare nel merito del componimento è la ripetizione martellante di che dire, sintagma che si ripresenta per tutte le dieci pagine.
Un progetto, che ha qualcosa di neo orfico si evince dall’affascinante sgorgare dei segmenti, che sono il risultato di un praticare la poesia in un modo modernissimo, con versi anche di una sola parola e termini composti inventati (per esempio chedire è il primo verso della stesura).
Il risultato è quello di una fortissima icasticità del dettato, tra sospensione e magia, raggiunte anche tramite segni grafici come parentesi quadre e freccette, che sono molto frequenti.
Non manca musicalità nelle varie strofe e il ritmo è serrato.
Il che dire, come una formula incantatoria, si riferisce di volta in volta a molteplici concetti ed oggetti, tra i quali ricorrono luoghi, tracce e spazi e tale espressione sembra calata nella temporalità di un eterno presente.
Essa produce quindi il senso del cronotopo, dello spazio nel tempo, tempo stesso che diviene feritoia dell’attimo, punto atemporale, tra passato e futuro.
Sembra, leggendo il testo, che ha una natura multiforme, di camminare per una strada luminosa e numinosa.
Si nota un certo autocompiacimento, secondo le intenzioni di Fontana, nel tessuto linguistico, che riflette su se stesso e sul processo creativo al quale è sotteso.
Da considerare i versi nei quali il poeta parla dei pensieri che prendono forma e che sono quelli che emergono dalle stringhe di parole, spesso irrelate tra loro.
Da notare che la disposizione dei vocaboli stessi sulla pagina (allineati sia a destra che a sinistra e anche centrati e disposti in maniera sghemba), bene si presta alla volontà di Giovanni di produrre uno stabile straniamento.


Raffaele Piazza

giovedì 3 dicembre 2015

CONSIDERAZIONI SU POESIE = di DOMENICO CARA

Considerazioni sui testi di poesia di Domenico Cara, facenti parte del n. 243 (2015) di “Fermenti”.

Nella sezione dedicata alla poesia, nel numero 243 di “Fermenti”, rivista pubblicata con il contributo della Fondazione Marino Piazzolla di Roma, diretta da Velio Carratoni, ci soffermiamo su “Illesi, esili numi” di Domenico Cara,
*
“Illesi, esili muri” di Domenico Cara, studioso d’arte e di letteratura, editore e giornalista, costituisce, per le sue notevoli dimensioni, tout-court una silloge, una plaquette, formata da venticinque componimenti, spesso lunghi, tutti suddivisi in strofe.
L’opera, proprio per la sua grande estensione, si può considerare un unicum, tra quelle pubblicate nelle riviste di letteratura militanti.
Già il titolo della raccolta, nel quale sono nominati divinità di ascendenza pagana e mitologica, numi illesi anche se esili, ci fa riflettere sul valore simbolico degli dei, inseriti nel discorso creativo.
Essi divengono custodi della poesia stessa, salvifica e salutare perché emanazione che viene dall’alto.
Del resto anche il termine “musa” è di origine classica, greca e romana, come i numi.
Nel linguaggio, anche contemporaneo, si adopera questa parola per indicare una figura femminile, ispiratrice non solo dei poeti, ma di tutti gli artisti.
Cifra essenziale della poetica di Domenico Cara, rivelazione della sua produzione più recente, che avevamo già individuato nella silloge Soglia di attese, rauche urgenze, inserita nell’antologia Dentro spazi di rarità, “Fermenti” 2015, è quella di un forte attaccamento alla vita, amata in tutti i suoi aspetti, che vengono detti in versi, attraverso immagini a volte chiare. ma, in molti casi, anche oscure.
Non mancano spunti introspettivi che sondano lucidamente le tonalità dei sentimenti umani a volte colti in maniera inquietante.
Questo nominare con urgenza avviene attraverso gli strumenti del poeta esperto, intelligente e scaltro, che, padroneggiando con acribia la sua materia, arriva ad esiti altissimi.
Con una scrittura icastica e densa al massimo grado, l’autore realizza un tessuto di parole, di sintagmi che si fanno immagini, in maniera mirabile.
Lo stile e la forma sono controllatissimi ed ogni singola composizione sembra librarsi sulla pagina senza il minimo sforzo.
Un poiein della descrizione e dello stupore sembra quello espresso dal poeta calabrese in componimenti come “Pomeriggio nel verde” e “Fonte d’agosto”.
Una vena affabulante, che si esemplifica nello scandirsi dei versi precisi e scattanti, compatti e luminosi, caratterizza ogni singola strofa, armonica parte delle varie composizioni..
Una natura nella quale dominano le manifestazioni vegetali è la protagonista della prima poesia con l’incipit altissimo:-“L’erba ha i suoi fittizi movimenti/ ma conta su una lingua naturale”.
Con accensioni e spegnimenti si svolge qui il procedere del fluire del discorso e anche l’erba sembra essere provvista di linguaggio, in un riflettersi della poesia su se stessa.
Non va letta come tensione neolirica, quella del poeta, ma piuttosto come risultato di una fertile ispirazione di carattere sapienziale.
Si realizza in un’epifania intellettualistica, in un inesauribile sgorgare di figurazioni, l’una dall’altra, nelle quali emerge anche l’io poetante che respira e osserva le sterpaglie, in fusione ontologica perfetta, quasi in simbiosi, con la natura stessa.
L’erba medesima racconta in una maniera che, per la sua compostezza, nonostante la natura composita del dettato, potrebbe definirsi classicheggiante.
Ma in altre composizioni predomina un tono oscuro e vagamente anarchico, in una produzione dalle venature filosofiche e psicologiche che tende a sfiorare l’alogico.
Vengono detti gelosia, pathos e desideri e un occhio che si ribella ai sussulti.
Anche qui, però, si scorge un senso di vitalità e il dolore controllato, che è, nelle intenzioni del poeta, punto di partenza, diviene elemento per giungere alla superficie, per riemergere e pervenire alla struttura delle cose, dopo che l’ansia si è specchiata sul fondo.
*
Raffaele Piazza

lunedì 30 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIA DE LORENZO

Maria De Lorenzo – “Un lungo desiderio” - Fermenti Editrice – Roma – 2014 – pagg. 97 - € 12,00

Maria De Lorenzo (1921 – 2013), autrice di sei raccolte poetiche, la più recente delle quali è “La tenue vita” (Fermenti, 2012), è vissuta e morta a Roma.
Traduttrice dal russo di opere di narrativa e per Einaudi de “La mia vita nell'arte” di Stanislavskij, ha vinto il Premio Minturnae 2002 con “Diario d’utopia”, 1999.
“Un lungo desiderio” è la sua silloge postuma e presenta una postfazione di Nino Borsellino, ricca di acribia, intitolata “Un luminoso addio”.
Nino Tricarico, per il suddetto testo, ha realizzato l’acquerello di copertina e gli altri che intervallano i componimenti.
Il volume, costituito da quarantadue composizioni e da una breve prosa, è scandito in sei sezioni: “Penultime, Paesaggi, Persone, L’ultimo sogno, Improvvisi, Lui ed io”.
I versi della poeta si rivelano attraverso un poiein contenuto e concentrato. Lo stile è pervaso da nitore, la forma icastica, la struttura misurata e controllata.
Il ritmo è sempre sostenuto e incalzante ed evoca suggestioni di segreta armonia.
L’opera è molto articolata e varia a livello architettonico, composita nella sua chiarezza
La prima poesia della raccolta, senza titolo, ha un carattere programmatico.
Nella suddetta il tema è quello delle parole stesse che la De Lorenzo nell’incipit dice di voler sciogliere dai lacci del tiranno, parole che bene si adattano alle sue illusioni, vocaboli dei quali molti sono volati via con i suoi pensieri in fuga.
Un nominare la pratica della poesia che riflette su se stessa.
Una poetica vagamente neolirica, nella sua visionarietà, che ha per cifra essenziale uno sgorgare di frasi affabulanti e suggestive, le une dalle altre, quella che ci presenta Maria.
Tutte le poesie sono connotate da compattezza e densità semantica e sintattica e si realizzano, frequentemente, nel tessuto linguistico, accensioni e spegnimenti.
Una vena assertiva ed epigrammatica, vagamente ironica, viene espressa in alcuni componimenti brevi.
Anche il tema mitico si inserisce nel discorso in una poesia nella quale vengono detti gli dei che, provenendo da oscuri abissi e dai mari, sfidano i viventi.
Molto bella la chiusa di questa composizione nella quale l’io-poetante si rivolge ad un “tu” imprecisato che, nell’atmosfera tragica, paradossalmente, andando controcorrente, continua a chinarsi per raccogliere una primula.
Nella parte intitolata “Paesaggi”, Maria riesce a tradurre in versi le emozioni dei suoi viaggi provate dinanzi a scenari di città di tutto il mondo, luoghi che vengono interiorizzati.
L’attenzione qui si sofferma spesso sugli abitanti dei posti visitati, osservati con stupore in quanto sono depositari di altri retaggi e culture.
Le raffigurazioni sono sempre scattanti e leggere, permeate da luminosità e tendono a scavare nel profondo.
Particolarmente interessante la poesia “Una stretta simmetria”, tratta dalla sezione “Persone”, nella quale la De Lorenzo s’interroga sulla sua identità.
In essa la poeta viene definita da una voce arcana come una donna sola, che non sa come sarà il suo avvenire.
Spetta a lei immaginarselo e si vede essa stessa con una lunga serie di attributi a dilatarsi in stretta simmetria, nel raccogliere pulviscoli di stelle.
Perché il titolo “Un lungo desiderio”?
A questa domanda risponde Borsellino stesso nella postfazione, affermando che desiderio è una parola fortemente caratterizzata nella poesia di Maria.
Indica una persistente voglia di vita che induce i lettori a un contatto confidente.
Un realizzare la scrittura in modo originale, che sa creare atmosfere di sospensione e di magia, attraverso le invenzioni linguistiche, sempre eleganti e calibrate..
*
Raffaele Piazza

domenica 29 novembre 2015

PREMIO POESIA = CITTA' DI VECCHIANO

Premio “Città di Vecchiano”
Lingua italiana.
Sezione A: Poesia Edita in Volume. Inviare un'opera,
pubblicata negli ultimi dieci anni, in cinque copie. Una copia
andrà alla Biblioteca Comunale di Vecchiano.
Indicare su foglio a parte nome, cognome, indirizzo, numero
telefonico ed eventuale email.
Sezione B: “Salvatore Policardo”, poesia inedita per
adulti. Inviare max tre liriche dattiloscritte, ciascuna non
superiore ai 40 versi, in cinque copie, di cui una con nome,
cognome, indirizzo, numero telefonico ed
eventuale email.
Sezione C: Narrativa inedita per adulti. Inviare un
racconto max 10.000 battute (spazi compresi) in cinque
copie, di cui una con nome, cognome, indirizzo, numero
telefonico ed eventuale email.
Sezione D: Saggistica. Inviare un saggio edito, su un Autore,
o una Corrente della Letteratura italiana o straniera, o su
tematiche di carattere sociologico, filosofico, politico,
storico, dai primi del ‘900 ai giorni nostri, in tre copie.
Un'eventuale quarta copia andrà alla Biblioteca Comunale di
Vecchiano.
Indicare su foglio a parte nome, cognome, indirizzo, numero
telefonico ed eventuale email.
Sezione E: Giovani. Inviare una lirica max 30 versi, o un
racconto max due cartelle dattiloscritte. Si raccomanda
vivamente di inviare un solo elaborato per alunno. Non sono
ammessi lavori di gruppo. Questa Sezione, gratuita,
comprende: ragazzi dagli 8 ai 13 anni e dai 14 ai 18 anni.
Inviare l'elaborato in cinque copie e una recherà: Cognome,
Nome (indirizzo privato completo di numero telefonico e
eventuale email),
data di nascita, Scuola e Classe di
appartenenza. Scrivere in modo completo e leggibile i dati
di cui sopra.
Sezione E1 Giovani: Arti Visive,
Richiedere il bando completo a : piccirillolor_1959@libero.it

sabato 28 novembre 2015

POESIA = ANNALISA RODEGHIERO

QUESTO INFINITO

Portami là,
dove tutto torna liquido,
dove con te, ancora
morirò e rinascerò.
Dimmi cosa c'era
prima.
Non febbre, non api, non voli.
Ora la vita, questo averti dentro,
ora la gioia, il canto nelle vene:
perché l'amore è questo,
questo sangue che pulsa nelle tempie,
a tamburo battente,
è l'Universo intero.
Il fiume caldo che ci scorre dentro.
Questo infinito
che non possiamo trattenere,
uno spicchio di mela
tra le tue labbra umide.
*
UNA MADRE LO SA
Lo senti?
E’ muto il dolore del silenzio
questa notte.
Come se l’Universo
non avesse la risposta,
come se il grembo
non avesse voce
nel richiamare a sé, le stelle.
Lo so, ci vorrà un urlo
più forte ancora
di quello con cui ti ho messo al mondo.
Servirà graffiare
la terra fino alle sue viscere.
Ma una madre lo sa
come si arriva al nucleo,
come si partorisce
la vita dalla morte.
*
DELIRIO
(ovvero tutto e il suo contrario)

Allora dimmi, c’è un modo di amare?
Un più, un meno. Un forse, un casomai.
Un più in là, un giorno, un tempo.
Un per sempre, un mai.
Un intero. Una metà.

Ma se tu non avessi scritto,
se io fossi stata fuori.
Ma se prima, se poi.
Se lei fosse stata distratta,
se tu per caso altrove.

Se quel giorno, se mai.
Se fossi stata prima,
se fossi stata l’ultima.
Se non fossi passata di là.

In questa vita. In questa morte.
Io più di te, tu più di me.
E io mi nascondo e tu corri.
Ma io ti avevo detto e tu pure lo sapevi.
In questo andare, in questo venire.

Non l’avevi capito!
l’intera gioia voglio… e il pianto intero. (da) “ Di spalle al tempo”
*

ERANO DISTESE DI LAVANDA

Come se niente fosse
sempre su corolle appena schiuse
ulula obliqua la tormenta e strappa.
Erano distese di lavanda al sole
a inebriare il grido dei voli.
Deliranti il tutto pieno
e il niente.
Cosa cercavi allora
quando mi invitavi al sogno?
Di sogni non si vive
e non si muore.
E se d'eterno
fosse stato il bisogno,
non nei voli d'ali
imporporate a festa,
dovevamo noi cercare
ma in quell'essere noi angeli
in altra dimensione.
*

DI SPALLE AL TEMPO

Di spalle al tempo,
a parole che non torneranno,
chiuse ormai in un velo di silenzio,
oggi tace anche l’ultimo tormento.

Di spalle al tempo,
soltanto sola tutta mi comprendo,
oltre i miei occhi,
sghembi ad altri sguardi.

Primavera divento spalle al tempo
e pianta mi sento
e frutto e rosa e mano preziosa
che su candida pelle si posa. (da) “ Di spalle al tempo”
*

IN BILICO COSTANTE
Ecco, vedi adesso com’è azzurro il cielo?
Bastava assecondare il tempo
come seguire i cicli della luna
o aspettare
che s’alzasse e scendesse il mare.
Ora stordito,
il girasole esibisce il capo eretto
oltre il confine serrato,
le ferite non chiuse,
oltre la falsità dell’insoddisfazione.
Svetta fiero
e chiama il vento a impollinare l’astro.
In bilico costante
tra ciò che è luce o buio,
tra ciò che ride o piange,
tra ciò che nasce o muore:
la vita dà, toglie, la vita.
E allora già sai
che abbasserai smarrito
la tua corolla gialla
quando, troppo presto verrà sera.
Ma ora sconfina e fino
a che puoi ancora, allunga il volto al sole.
*
SI, TORNERANNO- A Ermanno Olmi

Si spegne ancora il cielo sopra i prati
dell'Altopiano, quando si fa voce
l'eco di un ramo che secco si spezza
nel bosco trasudante primavera.

E allora il vento odora di vermiglio,
trema di angoscia, di febbre e di gelo,
e spande fango su barbe ventenni
folte di vita e avide di sogni.

Sogni di un figlio da stringere al petto,
di un seno morbido da accarezzare
in sguardi colmi d’idee di futuro,
dove non era prevista la morte.

Nell'avanzare dei giorni d’autunno
li vedi ancora quei grandi occhi chiari
scrutar la notte temendo il silenzio
tra i fitti abeti e il larice dorato.

Gambe tremanti su impervi terreni,
trincee allagate di lacrime e pioggia,
fosse sepolte da metri di manto,
dossi di Asiago coperti di pianto.

Di labbra schiuse sull'ultimo nome
la verde conca conserva i segreti
e in grembo culla, nell'unico abbraccio,
triste il lamento che chiude la vita.
*
ANNALISA RODEGHIERO

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANNALISA RODEGHIERO

"DI SPALLE AL TEMPO" di ANNALISA RODEGHIERO

(UNA NOTA DI CRITICA)

Nasce ad Asiago. Cresce con l'amore e la passione per la poesia e la letteratura. Al suo attivo alcune pubblicazioni in versi, tra cui Viaggi Di Versi, Alda nel cuore, Goccia a goccia, Infinitamore, Percorrimi tutta. Si tratta di Annalisa Rodeghiero, valida poeta, vincitrice di svariati premi in concorsi di poesia nazionali e internazionali con numerosi riconoscimenti di merito e apprezzamenti da parte di critici letterari. Oggi si presenta con una nuova silloge poetica "Di spalle al tempo" (Venilia editrice), prefazione di Stefano Valentini e postfazione di Roberto Mestrone. Poesia vera, coinvolgente, ricca di sentimenti fondanti, puri, giusti, quella di Annalisa Rodeghiero; poesia che traspira e trasuda dalle pagine di questa raccolta, con esondazioni dell’anima che si fanno verso, parola poetica, intimo richiamo alla vita. Motivo fondamentale per cui oggi si decida di scrivere, credo sia da rintracciarsi nel forte desiderio di volerci assolutamente ritrovare, perché ci siamo “umanamente perduti”. E per Annalisa Rodeghiero la poesia è quella forma di scrittura, quella strada artistica, quella terapia psico-fisica che La conduce alla salvezza. Se scrivere è arte del pensiero, se scrivere è arte della comunicazione del nostro pensiero, se scrivere è arte della gnoseologia, quest’arte è propria della nostra Annalisa perché essa Le appartiene dal momento che Ella viene ad evocare e fotografare con occhio attento e obiettivo vicende e fatti quotidiani che il tempo aveva nascosto, se non addirittura obliato. La poesia è una pittura che parla e, al contrario, la pittura una poesia che tace, ebbe a dire Giambattista Martini (frate francescano e musicista bolognese del ‘700); la poesia della Nostra viene ad essere, altresì, una sequenza di pennellate che parlano con i colori della propria quotidianità, con tutti i colori di un arcobaleno interiore. E Aristotele: La poesia veritas est, perché in essa e attraverso di essa si riesce a cogliere l’essenza della propria esistenza. In merito al poeta, il Carducci così scriveva: Il Poeta esprime se stesso e i suoi convincimenti morali ed artistici più sincero, più schietto, più risoluto che può: il resto non è affar suo. Come nasce la poesia della Rodeghiero? La Poeta, tutta chiusa in un Suo mondo socio / filosofico, rievoca in fantasia, attraverso la suggestione della memoria e i suggerimenti di quanto Le sta intorno, sensazioni che si riproducono nella loro originaria purezza, visioni di momenti spazio / temporali. Preziose gemme sono le liriche contenute nel presente volumetto; tutte rappresentano la viva voce del cuore perché ricche di maturità di pensiero e di alta sensibilità: Le coeur a ses raisons que la raison ne connait point, scriveva Blaise Pascal (1623-1662 – matematico, fisico, filosofo, teologo francese). La poetica rodeghieriana si svolge, per tappe successive, come in due grandi fasi particolarmente distinte. La Poeta esce dal suo isolamento ed entra in contatto con il mondo; il monologo diventa dialogo, il dolore personale si trasforma in doglia umana più vasta, fino a diventare cosmica (vedi Leopardi, Pascoli); la rappresentazione si fa più distaccata e obiettiva. Una voce, quella di dell'amica Annalisa, capace di sviluppare tutta una serie di ritratti comportamentali tali da creare un perfetto connubio tra il personale e il sociale. E di nuovo respiri: … ti risvegli // ti affacci alla brezza / di un vento dolce / sul collo accarezzato / da parole nuove // … e di nuovo respiri // con stupore bambino / l'azzurro tondo di un cielo terso, mentre si scioglie nel tempo che, nel contempo, si scioglie nei suoi versi, la Rodeghiero viene a sublimarsi nel “quid” del suo pensiero / messaggio. Messaggio come racconto di sé, come ricerca di quella verità che la Poeta trova nel mondo della sua poesia, della sua storia. Un vero tessitore e cultore, dunque, della poesia / storia umana, l’animo poeta della Nostra. Questo schiudersi dell’animo a più larghi orizzonti ha portato nella Sua poesia un tono più aperto e distensivo, ma anche, talvolta, un diluirsi dell’ispirazione, che tende all’oratoria. Quando però la Poeta riesce a sfuggire alla morsa del presente e risalire, lungo la via dei ricordi, alle evocazioni che più Le sono care, allora la poesia risorge e s’avviva di una grazia nuova: basterebbe ricordare i duri e pesanti versi della lirica In memoria (delle madri di Auschwitz): ... Noi madri vive / nel respiro dei figli / ci pieghiamo in ginocchio / sul vostro dolore (…) Urliamo per voi / ormai senza voce: / mai più nel terrore / la madre e il suo fiore. Mi sembra di (ri)leggere e di (ri)sentire Quasimodo, Nobel per la letteratura nel 1959 che così poetava: E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore / … al lamento / d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo? (Alle fronde dei salici). Annalisa Rodeghiero riesce a 'poetizzare' la vita, narrandola in modo semplice, lineare e scorrevole con uno stile sobrio sulla tela di una storia / racconto coinvolgente che riesce molto bene ad immergere il lettore nel tempo e nello spazio. Nel cantare l’amore, gli affetti, la vita, la solitudine, la morte, il bello, Ella dà alla fantasia, attraverso il suo discorrere, quelle pennellate di puro realismo possibilistico tale da potere intravedere nelle varie tematiche umane e sociali l’uomo, la donna di tutti i giorni: tutti nei loro ruoli socio-culturali nei quali si trovano ad operare. Dotata di forte energia poetica, la Poeta ci presenta componimenti / ritratto dell’esistenza umana, sintesi, tutti, di una vita che, nella sua globalità, comprende le immense ed infinite problematiche quotidiane dell’uomo di sempre. Ottantadue liriche, altrettante preziose perle di una collana letteraria che rappresenta la lunga ascesa verso la conoscenza / scoperta del proprio 'Ego' naturalmente poetico. In esse, tranne che in poche, la Poeta fa piazza pulita delle vecchie forme della metrica e della vecchia magniloquente retorica, usando talora versi lunghissimi, talaltra versi di una sola parola; nella Sua poetica si legge l’essenzialità e, per ottenere tale risultato, rifiuta il linguaggio già convenzionale della poesia, esprimendo quei sentimenti che appartengono esclusivamente al Suo mondo interiore. La poesia rodeghieriana, come la poesia di tutto il Novecento, possiede una forma assolutamente aperta senza norme ritmiche necessitanti. Essa ha le caratteristiche della suggestività musicale, della forza evocativa, della creatività fantastica, dell’intensità patetica, della ricchezza del pensiero. La lingua usata dalla Nostra è una lingua 'parlata', la lingua di tutti gli uomini e di tutti i giorni, resa significativa per la straordinaria tensione con cui viene pronunciata. Per quanto riguarda la metrica, essa è affidata sovente, come avviene nella poesia di Ungaretti, al ritmo interno della singola parola, che si rivela molto spesso parola / concetto, parola / immagine, parola / suono. La nostra poeta sembra guardare alla sua vita e, in generale, alla storia degli uomini. Perciò la Sua poesia si rivela meditazione dell’uomo sul vivere proprio e sul vivere di tutti. È, quindi, da sottolineare che significati dell’esistere, motivi etici individuali e sociali fanno parte degli elementi costitutivi della Sua poesia. L’Autrice del libro fa poesia per egemonizzare la qualità dell’uomo, il valore del sentimento, l’eticità della persona che spesso viene distrutta, nel presente, dal consumismo sfrenato costantemente predicato dai mass-media e dal cieco materialismo in cui l’uomo, volente o nolente, è caduto e continua a cadere. Quella di Annalisa Rodeghiero è poesia / diario, il giornale essenziale delle forme essenziali della poesia: così Carlo Bo viene a definire la poesia di Ungaretti. Di spalle al tempo: un’opera socio-poetico / filosofica che, nel suo essere coinvolgente e didatticamente travolgente, porta ciascuno di noi a riflettere sul senso della vita, sull’importanza dell’amore e sul significato della 'parola parlante' che, come energia vitale nel rapporto umano e sociale, tende a smaterializzare lo scorrere del tempo, conquistando il cuore dei suoi lettori. Un libro che si legge molto volentieri perché ogni verso è una vera grande emozione. Versi che invitano il lettore / fruitore a ritemprarsi nella fresca sonorità poetica / immaginifica / narrativa di un mondo, tutto di Annalisa Rodeghiero che si rivela un'eccellente poeta, degna d’immensa stima e di tanto apprezzamento e, sicuramente, una voce che canta, con tutta la passione di una grande scrittrice, l’amore per la vita. Un’opera poetica, Di spalle al tempo, decisamente completa che non poteva non chiudersi se non con la bellissima lirica A mia madre, intrisa di tanta interiorità e di ineguagliabile calore umano, venendo a testimoniare la carica di quel sentimento così umanizzato e umanizzante, altrettanto sincero e veritiero che, con facilità, si riesce a immaginare la statura morale e intellettuale della nostra Poeta: Per te madre / io figlia canto / l'orgoglio bambino / di camminare al tuo fianco, / il valore assoluto / di ogni tuo dire, / il tempo immolato / al nostro domani, / lo sguardo esclusivo / per i doni del grembo. // Per te madre / io madre canto / l'amore perfetto / imparato e trasmesso, / le rinunce volute, / le infinite risorse, / l'attenta presenza, / la gista distanza, / gli affanni, le attese, / l'abbraccio al traguardo. Di spalle al tempo, un libro di emozioni, il libro della parola oggetto della realtà. E Annalisa Rodeghiero, la poeta della vita.

Vallecrosia, 30 luglio 2015 – Prof. Francesco Mulè
(Poeta, Critico letterario, Promotore culturale, Fondatore e Presidente del Circolo “Smile” di Vallecrosia, Giornalista)

venerdì 27 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIUSEPPE SCHEMBARI

Giuseppe Schembari : “Naufragi” – Sicilia Punto L. Edizioni – 2015 – pagg. 64 - € 5,00-
Un rovente susseguirsi di immagini colorate e sofferte , quasi un vortice di visioni e rimembranze che si fondono nella policromia del verso. Il vissuto, “ lamento stanco e arrugginito”, rivela un palpitante variegato stato di ansia, quasi a suggellare l’ineluttabilità dell’imprevisto , o del prevedibile . Le pagine scivolano come in un diario esistenziale , nel quale il tocco del subconscio riesce a determinare le utopie che si affacciano tra le circonvoluzioni cerebrali. Tracce disegnate con il compasso , con la sottile spatola, con il lapis, per rincorrere le figure : “Le gambe di Patrizia / conoscono il ritmo sensuale della danza/ accavallate disegnano nell’aria / un semicerchio morboso …” – “Quando la vertigine / è un soffio / che genera disordine / dileguarsi / è ciò che resta / un bisogno chiamato / abbandono.” – “Forse sognare non basta / ci siamo distratti un po’ troppo / o forse credevamo di star bene / nonostante tutto / anche se dilagavano a dismisura / le metastasi del malessere …” – Cronaca quotidiana , una sorta di dispiegarsi singolare mantenendo sempre un’ostinata luce penetrante quale contrassegno del proprio modo di essere al mondo.
ANTONIO SPAGNUOLO

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia e il libro di poesia"

Scrive con vaga grafia, Alessia,
nell’aria disadorna senza fiato,
inchiostro rosapesca come l’estate
o l’inoltrata primavera.
Scatta il volo di un gabbiano
e trasale Alessia azzurrovestita
nell’aria vegetale della consecutiva
attesa. Sulla scrivania I fiori del male,
sua lezione per la vita e la
scrittura accade dalle mani affilate
come un attimo disadorno
come un bagliore Alessia
alla trentesima poesia
del suo libro per la vita,
pioggia a cadere esteriore
sulle cose senza tempo in segno
di vittoria. A destra il mare
a sinistra una nube bluastra
gioca a farsi ragazza o cavallo.
Epifanie del nulla, a poco a poco
tutto si ricompone, ecco lo squillo
del telefono, la voce di Giovanni.

E’ il 1984 attesa sgretolata ecco
il primo appuntamento
ci sono il parco, la panchina e le labbra
da baciare.
*

"Alessia e la marea"

Sottesa alle stelle senza
inizio né fine ragazza Alessia
nello specchiarsi nella
polita lastra del mare.
Acque nell’anima ad entrarle
a rinfrancarla dopo la notte
di plenilunio, ansia a stellarla.
Gioca con il ciclo delle
onde Alessia, il liquido
elemento a farla donna
pari ad amnio.
Marea che sale in un rigo
blu della mente di Alessia
nella sera precedente
che non torna. Alessia si veste
per la vita, jeans sdrucito
e maglietta gialla,
l’aria fredda respira a giungerle
a di ragazza l’anima.
Sul lungomare si stagliano
delle acque le tinte
e il pescatore del 2015
proteso con la canna.
*

"Alessia nell’albereto"

Va ragazza Alessia nella zona
dei pini rasente a dei passeri
il volo. Ali invisibili a librarsi
e canto armonico ad ogni passo
(nella mente il sogno più
dolce per Alessia nel ridere
da sola come una donna,
sedici anni contati come semi).
S’inalvea il pensiero dove
era già venuta un anno fa
a contemplare di Veronica
la villa tra le cose rinnovate
dallo sguardo, il giardino
e dell’interno le camere.
L’albereto nell’entrarvi
di Alessia la vita nel percorso
fino al mare da vedere
per immergersi.
*

"Alessia e l’aquilone"

Neve di dicembre per Alessia
a scrivere impronte nel bianco
polito pari alla sua prima volta
con Giovanni nella camera
dalle pareti e l’anima candide.
Ragazza Alessia con l’aquilone
dalle sette tinte nel lanciarlo
al cielo nel toccarlo a tingersi
di vernice azzurra. Immensità
a detergerla nella chiostra sconfinata
della gioia nel previvere il letto
di piacere di stasera.
E l’interrogazione di storia
è andata bene.
Gioisce Alessia con l’erbario.
*
Raffaele Piazza

giovedì 26 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = SILVIA COMOGLIO

Silvia Comoglio – “Via Crucis” -puntoacapo Editrice – Pasturana (Al) – 2014 – pagg. 31 - € 6,00

Silvia Comoglio è nata a Chivasso (TO) nel 1969.
Ha pubblicato diverse raccolte di poesia e suoi testi sono apparsi in vari blog e riviste.
La poesia religiosa è un genere poco praticato nel panorama letterario della nostra contemporaneità e trova un suo esempio importante nell’antologia “Poesia di Dio”, edita da Einaudi nel 2005.
Nel suddetto testo, sul tema della trascendenza, si possono leggere le poesie di un vario campionario di poeti italiani, dai cattolici Luzi e Turoldo, da Montale, Ungaretti e Quasimodo, fino a Carifi e Merini.
Lo stesso Mario Luzi e anche Alberto Bevilacqua hanno scritto i testi della Via Crucis, destinati alla cerimonia della Chiesa Cattolica, che si tiene in Piazza San Pietro il Venerdì Santo prima della Pasqua e che viene trasmessa in televisione.
La Via Crucis stessa può essere considerata come riattualizzazione di eventi storici avvenuti circa duemila anni fa, oltre che come dogma fondante della Chiesa.
Costituisce un argomento che può dare fertili spunti non solo ai poeti ma anche a scenografi e sceneggiatori, quando il primo attore è spesso il Papa stesso.
Silvia Comoglio, in Via Crucis, si fa acuta interprete dell’evento, traducendo in quindici testi, in lunga ed ininterrotta sequenza, le varie stazioni, i vari momenti, vissuti dal Cristo, che divengono rito in una manifestazione, un’epifania estetica.
I quindici componimento sono preceduti da una breve e toccante lirica che ha per protagonista la Vergine Maria che culla Gesù Bambino, che nasce e fa della terra qualcosa di sempiterno.
Vengono detti qui l’alba e l’abisso, come l’alfa e l’omega che si concentrano ontologicamente nella figura di Gesù, con la quale non si finisce mai, come espresso da Benedetto Croce in “Perché non possiamo non dirci cristiani”.
Sono vibranti nella loro plastica e fluida icasticità le poesie di Silvia, ricche di un pathos leggero e controllato.
Non manca l’inserimento delle vicende in uno scenario atmosferico misterioso ed evocativo, quando vengono nominati il plenilunio e l’alba che fanno da sfondo alle vicende umane del bacile dove Ponzio Pilato si lava le mani e dell’urlo della folla “crocifiggi!”
Le immagini evocate dalla poeta si fanno specchio deformato degli avvenimenti e sgorgano le une dietro l’altro, esempio di poesia neolirica e vagamente elegiaca.
Una tensione verso l’assoluto si traduce nei versi rarefatti e debordanti carichi di streben e magia.
Le figurazioni s’inseguono per una voce sola, che appare una polifonia nel manifestare il mistero.
Fino al suono perpetuo, alla luminosità soprannaturale della natura risvegliata dopo la notte, simbolo della resurrezione.
Un poemetto riuscito, quello della Comoglio, che si sintetizza in un chiaroscuro verbale di grande suggestione.
*
Raffaele Piazza

mercoledì 25 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = DANTE CERILLI

DANTE CERILLI : “Sulla strada del cielo” – Tofani editore – 2015 – pagg. 184 - € 16,00 –
“Poesie di fede ribelle e mansueta e altri scritti” ci avverte il sottotitolo di copertina , e il “prologo” illumina , con discrezione e profondo accanimento nella ricerca, questa lettura, che offre squarci di autentica filosofia e luminosità di sommesse preghiere.
“Nella tua tenda / Signore sulla vetta / più bella della mia terra / ove ho respirato / lo Spirito di grazia / e assorbito / il vigore del Cielo / del Creato assaporato la magnificenza / fammi restare …”
“Non c’è un tempo di fiori / di bianche nebbie o di crepuscoli / rosei né di neve o di pioggia / ticchettii o fragori di maroso greve / che abbia un ordine di stagioni / Lilia / per chi vive intensamente / tutto è sottratto : uno sguardo / d’amore e si fa caldo / verde giglio nel grembo / e realtà …”
“Credere in Dio è la cosa più difficile che possa esistere - scrive Cerilli nel prologo – ed è un atto di grande umiltà : non per niente poggia sulla fede che , per sua intima essenza, è verità senza dimostrazione, senza prova , senza riscontro …”
Così il suo canto diviene quasi sempre un sussurro delicato di preghiera , tra le colorate folate dei paesaggi e i multicolori delle vertigini , tra gli strappi del vano rincorrere e le illusioni smarrite nel presente, fra le lacrime inconfessate e le preziose incandescenze dell’amore.
La rielaborazione poetica si dipana anche negli scritti in prosa , ove la memoria riesce a ricreare momenti di ottima “indagine” sia critica che filosofica.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 23 novembre 2015

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

– “Conversare”
Il quieto conversare fra penombre
era vaghezza , era il tuo bianco volto
nell’ antico rimpianto degli specchi,
era l’invincibile paura della notte
che sfidava il sonno per toccarti.
Non hai risposte a questo inizio di fine,
che riaffonda nell’invisibile illusione
che tutto possa riapparire a un tratto
e vertiginosa follia coinvolgere il mio fianco.
Sei nella piega delle coltri al mio contatto:
un’angoscia muta che allontana carezze.
*

ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 20 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA -

Edith Dzieduszycka – “Cinque + cinq” -Genesi Editrice – Torino – 2014 – pagg. 157 - € 14,00

L’autrice della raccolta di poesie, che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata a Strasburgo.
I suoi primi collages, disegni e poesie risalgono all’adolescenza e alla parte della sua esistenza passata in Francia.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, anche bilingue e illustrate da fotografie, un libro di racconti e un romanzo.
“Cinque + cinq” presenta una prefazione ricca di acribia di Sandro Gros-Pietro
L’opera densa, corposa e articolata è scandita in due sezioni: “Uno e Due”.
Come è scritto acutamente sulla quarta di copertina, con “Cinque + cinq” Edith Dzieduszycka propone un testo bilingue, ma attenzione, perché non si tratta di una traduzione ovvero di un travaso da una lingua all’altra, bensì di una vista bi-oculare, che fornisce due immagini verbali del tutto simili ma anche totalmente differenziate e approfondimenti dello stesso tema affrontato nella poesia, che è una sola, ma sviluppata in due lingue, le quali si integrano vicendevolmente al punto di sfociare in una densità lessicale di grande effetto.
Infatti la raccolta è costituita da numerose poesie, tutte strutturate in cinque brevi righi e senza titolo, che si leggono ognuna in una sola pagina, contenente la versione in italiano e quella francese in corsivo.
Poetica antilirica e antielegiaca tout-court, quella della poeta, che presenta composizioni brevi e concentratissime, tutte efficacemente risolte, che sono connotate da una vena gnomica e tendente a riflessioni profonde sulla vita, anche in senso ontologico.
Il libro, per la sua unitarietà strutturale e semantica, che lega i componimenti tra loro in un discorso unitario, potrebbe essere letto come un poemetto.
Può essere paragonato ad un vasto mosaico, nel quale ogni singolo tassello, fa parte di un insieme più vasto.
Opera del tutto originale, nel nostro panorama, che ha per cifra essenziale la ricerca del senso dell’esistere nel mondo di Edith e di tutti, che viene detta con urgenza e spesso con garbata ironia attraverso una parola poetica scabra ed essenziale.
Per la loro brevità e icasticità e per la forza avvertita i componimenti poetici possono essere considerati degli aforismi e hanno una forte valenza epigrammatica.
Quello che colpisce è la multiforme e caleidoscopica fantasia dell’autrice, capace di creare una fantasmagoria di immagini tutte differenti tra loro.
Un intelligente esercizio di conoscenza, realizzato con grande efficacia, da parte di un’artista che possiede una solida coscienza letteraria, che si traduce negli efficacissimi esiti espressivi.
*
Raffaele Piazza

giovedì 19 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO APRILE

FRANCESCO APRILE : “Dietro le stagioni” – Quaderni del Bardo –edizioni –2015 - pagg. 42 - € 7,00 –
Il linguaggio asciutto e martellante, che Francesco Aprile sceglie in queste sue pagine, ove il verso si allunga senza misure e purtroppo senza quella musica ritmata che della poesia fa melodia, è il tocco di una forma narrativa che propone date ben precise, per una quotidianità che trabocca in visioni , metafore , ammiccamenti , ciondolii , ventate del destino , lacrime della memoria. Le date che distinguono le varie composizioni vanno dal 5 gennaio 2015 al 14 gennaio 2015 , quasi a voler fare intendere che si rappresenta un periodo ben preciso del momento vissuto.
La tessitura segue le increspature delle stagioni , di una stagione , per ritrovare quegli aromi che il vento lascia quando il mare è increspato , per risentire il profumo delle rose tra le foglie ancora verdi , per rincorrere le stelle della notte , per ritrovare “ al centro del tuo corpo il centro del mio cuore”, per percorrere “le scale che si attorcigliano alla case come serpenti alla roccia, per affogare la passione che inaspettatamente affiora nelle incisioni del mattino. Le tracce dei momenti narrati si alternano a quella particolare modulazione che trova fondamento proprio nelle immediate caratteristiche della scrittura, con andamento di sfumature , scelte lessicali, gustosi effetti di rinvii.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 16 novembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

Raffaele Piazza – “Alessia” --ilmiolibro.it – Roma – 2014 – pagg. 120 - € 12,00
Un percorso di tempo spazio e di salvezza per e di una donna alla conoscenza del mondo, autentica e libera di agire e di pensare. Alessia motivata dal vivere. Alessia orizzonte della conoscenza. Alessia possibile attuale essere umano. Segreta. Si chiede. Esiste. Conquista una esperienza di vita. Entra nella visione stabile e di turbamento e senza maschera si mostra lineare a lasciare un segno della propria giovinezza.
Raffaele Piazza nella sua “Alessia” ci trasmette con una scrittura asciutta, compiuta, impegnata e originale l’armonia nascosta di una donna che incontra il vivere, si impone con la parola umana, attraversa l’essenza delle cose, viaggia negli echi della storia, risorge nei valori e si trasforma.
Piazza ci dona “tiepida nel freddo dell’aria” il disegno, l’immagine, il bisogno e il sogno e il coraggio di una fragile e autentica e vera e libera e fragorosa visione di un essere umano non distratto ma attento ai movimenti rigidi del quotidiano. La sua poetica scrittura saggia con garbo e raffinata sensibilità il mondo del senso, “la tela nella vita”. “con carta / e forbici ritaglia la vita”, “a scrivere parole con i voli” e dialoga con la chiarezza delle idee, narra il passo dell’anima con grazia il respiro di un amore aperto e di luce, si apre con pazienza al gioco degli eventi “nella forma di città senza tempo”.
Alessia vive il primo sogno con Giovanni, figura non in ombra ma che respira profondamente il vortice del contatto con la donna che ama e con una valenza armonica arpeggia in una stanza d’albergo o altrove l’intenso rapporto amoroso.
I tempi scorrono velocemente e Raffaele Piazza, con durevole verità, svela l’intima indole di Alessia. Il tono. La musica. Il barlume. Il ritmo graduale. Il percepibile. “Tutto accade / una vita / scritta con mano tremante la / parola amore”.
L’invisibile diventa visibile e l’impossibile possibile e Piazza racconta, descrive la vastità dei luoghi vissuti da Alessia. Attraversa la voce dei sogni. Attraversa i luoghi del dire e del fare di Alessia. Analizza il logos. Intraprende l’azione. Pratica il desiderato. Apre l’essere per l’altro. Contempla la straordinaria ricchezza dell’umana sinfonia. Alessia che “Scrive con vaga grafia”.
È una favola concreta quella di Alessia. Non utopistica. Una favola nuova che fa riflettere il lettore. Una favola reale in divenire. “Scatta il volo di un gabbiano / e trasale Alessia azzurrovestita / nell’aria vegetale della consecutiva / attesa”.
*
Oronzo Liuzzi

SEGNALAZIONE VOLUMI = ROBERTA DEGL' INNOCENTI

IL SINESTETICO SOGNO DI ROBERTA DEGL’INNOCENTI
(Nota di lettura di Valeria Serofilli) al volume "Come un piccolo sogno" (Masso delle Fate Edizioni 2015).
La vita è sogno, ci ricorda Calderon de la Barca e di “essenziale invisibile agli occhi” ci parla anche Antoine de Saint Exupèry, il cui pensiero è posto non a caso ad epigrafe della recente pubblicazione di Roberta Degl’Innocenti Come un piccolo sogno, edito per i tipi di Masso Delle Fate di Firenze nel marzo 2015 e prefato da Maria Rosaria Perilli.
I sogni, per dirla con Jorge Louis Borges, costituiscono, del resto, il più antico e certo non il meno complesso genere letterario, ed il volume qui oggi presentato nell’ambito degli incontri letterari dell’Ussero di Pisa, come già precedenti opere della Degl’Innocenti, si può ben definire un’autobiografia che lega in sapido trait d’union e in sapiente bilanciamento poesia, narrativa e fiaba con la levità e musicalità tipiche dell’Autrice.
Facendo proprio il pensiero di Exupèry “non si vede bene che col cuore”, la Degl’Innocenti ci conduce infatti pagina dopo pagina e attraverso le tre sezioni di narrativa poesia e fiaba in cui si articola il libro, nel suo sinestetico mondo di colori, profumi e sapori; un mondo in cui tutto palpita e pulsa, dal rosso dei papaveri in copertina al luccichio dei mattoni rossi e i gerani alla terrazza dell’Antica casa sita in una di quelle vie senza tempo:
<<(…) finestra che si apre, dilatata dal mio sogno fanciullo, e rossi gerani alla terrazza, del colore che pulsa e trafigge la stanza (…)>>
(da Antica casa, Poesia)
<<(…) I mattoni rossi luccicano, luccicano, luccicano. Se li guardi sorridono. La ragazza dai riccioli bruni dice sempre che arrivano al cuore.>>
(da La casa dei mattoni rossi, Narrativa)
Walter Benjamin, come ben evidenzia Giorgio Linguaglossa, parla di “legge d’identità”, dell’a priori di ogni poesia, (“Ogni opera d’arte ha in sé un ideale a priori una necessità di esistere”). Una “legge” che sola può rivelare le connessioni con la vita e attraverso cui l’analisi della poesia identifica ogni unità presente in essa come funzione di una infinita catena di serie, nelle quali il poetato si dispiega (G. Linguaglossa).
Possiamo dire che nella poesia della Degl’Innocenti il poetato indica il ponte di passaggio tra la forma e il ricordo. E tutto è ricordo e memoria nel volume della nostra autrice. E’ memoria che incanta nella poesia dedicata ai suoi cari, sia a quella per la madre Pierina Montagni che al padre, facenti entrambe parte della sezione “A mio padre e a mia madre”, sezione che ospita anche la poesia eponima.
“(…) Crepuscolo di ciglia.
Gridi di stelle a scrivere la storia.
Quando ti penso m’incanta la memoria.”
(da Crepuscolo di ciglia)
“(…)
Un passo indietro: afferro la memoria
con le sue ali limpide di sogno:
in sogno piccolo chiuso, nello scrigno,
segno remoto di un passato intatto

Adesso i miei ricordi, nel futuro,
vivono ancora limpida salvezza”.
(da Come un piccolo sogno,2)
E’ memoria nel racconto di Roberta bambina che scritto sotto pseudonimo, rivive l’esperienza dell’alluvione del 1966 a Firenze; e ancora ricordo e memoria nel racconto della casa dei mattoni rossi che prosegue nella già citata lirica Antica casa. Il piccolo sogno dell’io lirico trova la sua concretezza nel testo della lettera immaginaria dedicata alla sorella scomparsa precocemente e mai conosciuta:
(…)
Un passo indietro: afferro la memoria
con le sue ali limpide di sogno:
un sogno piccolo, chiuso nello scrigno,
segno remoto d’un passato intatto.
Stringo forte le dita in un abbraccio,
dolce bambina in cerca di bellezza.
Adesso, i miei ricordi, nel futuro,
vivono ancora limpida salvezza.
(da Ai miei cari)
Memoria, ma non rimpianto di gioie perse. Per questo la scrittura della nostra autrice non invecchierà mai in quanto “un uomo diventa vecchio quando i suoi rimpianti prendono il posto dei sogni” (John Barrimòre).
Probabilmente la memoria ha anche a che fare con entrambe le categorie di sogni: l’aspirazione, il desiderio di raggiungere qualcosa o esperire qualcosa.
Recita la poesia eponima con andamento cantilenante:
"come un piccolo sogno appena uscito
sbirciato fuori tremulo, esitante
ma nel contempo vero e palpitante
ho messo insieme queste mie parole
che corrono furtive fra le pieghe
d’un tempo antico e lieve, un sentimento."
(da Come un piccolo sogno)
E ancora:
"solo talvolta mi concedo,
come una cortigiana,
ai miei ricordi
perché è qui che si chiude
il mio percorso
e ancora qui che, ogni volta,
ricomincia."
(da Antica casa)
Un volume Come un piccolo sogno, che non conclude infatti il percorso dei ricordi e dei sogni della nostra Autrice, come non ne conclude certo il percorso della scrittura. Dopo questo piccolo grande scrigno, la Degl’Innocenti saprà regalarcene molti altri nel suo percorso di vita e poesia.
**
Valeria Serofilli
**
-Caffè dell’Ussero di Pisa, 13 Novembre 2015-

domenica 15 novembre 2015

POESIA = RAFFAELE PIAZZA

"Alessia mette le ali"

Mette della gioia le ali
ragazza Alessia
nell’incamminarsi
per il sentiero di campagna.
Alessia nell’interanimarsi
con dell’erba e del fieno
gli odori a giungere
all’anima, tavoletta
dove è scritto Giovanni.
Chiaroscuro elementare
di un cielo verticale
nel disporsi e la mente
segnala della felicità
il pensiero pari a nuvola
(faremo l’amore stasera).
Si prepara Alessia,
la gonna azzurrocielo
e la maglietta blu
che le ha donato
e il tempo è il migliore.
*

"Alessia coglie la margherita"

Pratense attesa di Alessia
tempo al polso sottile di ragazza
nell’inalvearsi del sogno
più bello nell’anima di Alessia
nel cogliere di margherita
il candido spessore tra i giorni
dei mattini e sfogliarla,
arrivare ad essere felice in quel
mi ama.sotteso a pervicace
gioia. Respira Alessia
rosavestita per la vita,
dietro il vetro il cielo
a dissetarla.
*

"Alessia e la pioggia azzurra"

Sera di albereto nell’anima
di Alessia, la precedente
non torna. Lago frontale
a Telese per trovare pace
nell’interanimarsi a delle
acque l’incresparsi in lieto
splendore sette tinte nel
fluido a iridarsi. Pioggia
azzurra, pannocielo ad
avvolgere Alessia nell’
arrivare il fiume del sogno
al mare, gioia nell’
intravedere la chiostra dell’
adolescenza ritrovata nel
viverla nei suoi sedici anni
contati come semi.
C’è dio accanto a sorridere
e Alessia pensa (Giovanni
non mi lascia).
*

"Alessia e il fiore d’erba"

Nel cielo di novembre
di Alessia un rigo di
pensiero nel delineare
il bianco della nuvola
una figura di cavallo.
Guarda Alessia e chiede
che Giovanni non la
lasci. Atmosfera materica
nel panneggiare del
candore d’acqua
condensata. Nel gioco
s’immerge Alessia e un
fiore d’erba coglie
per scaramanzia.
Torna a casa per il sentiero
delle fragole.
*
Raffaele Piazza.

POESIA = ANTONIO SPAGNUOLO

– “Luoghi”
Ogni luogo ha il preludio del dolore,
l’istante inutilmente vissuto, l’occasione
ormai perduta per sempre, lo stupore
che si aggira tra le mie orme.
Potremmo sopravvivere al selvaggio furore
che attorciglia le grida ,
nel rintocco che incalza,
nel gesto illusorio della fede,
ma l’ombra solitaria taglia il sospiro
e ricuce illusioni.
Il dormiveglia è misterioso transito
che gioca a inconfessati silenzi.
*
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 13 novembre 2015

RIVISTA = RISVOLTI

"RISVOLTI" N° 21 - anno XVIII -
Sommario :
Paolo Baldini : Come serietà
Pasquale della Ragione : Gemello artista
Giovanni Matteo Allone :(senza titolo)
Lucio Zinna : La serietà nell'arte
Ferdinando Grossetti : Serietà e arte
Italo Medda : Di segni e di sogni. L'arte è immaginazione
Marisa Papa Ruggiero : (senza titolo)
Marco Palladini : La "serietà" ovvero "Mio padre a Bergen-Belsen"
Ugo Piscopo : Progetto, serietà e arte
Alfonso Lentini : Due poesie inedite
Emily Joe : La serietà è solo nell'arte
Antonio Spagnuolo : Serietà nell'arte
Federico Nardo : Ai grandi capitalisti
Lidia Pizzo : Michele Perfetti , un pensiero da lontano
Laura Monaldi : Due pagine di giornale
Anna Boschi: Risvolti / per Michele Perfetti
Marcello Diotallevi : Cromopoema
Giorgio Moio : Al di là dell'immagine / al di qua dell'immagine
Alberto Rizzi: Divertissement
Fernando Solana : Risvolti Perfetti
Antologia critica (testi di Rosanna Apicella, Luciano Anceschi , Renato Barilli,Franco Farina, Lola Bonora, Antonio Piromalli, Pietro Marino )
Michele Perfetti : Testi
Antonio Moio : Minimalia
Riferimento : edizioniriccardi@virgilio.it

SEGNALAZIONE VOLUMI = RAFFAELE PIAZZA

Raffaele Piazza – "Alessia"- Ed. ilmiolibro.it – Roma – 2014 – pagg. 119 - € 12,00
*
Chi è Alessia? Ma Alessia è vera?
E’ praticamente impossibile che queste due domande banali non affiorino alla mente, e altrettanto banale ridurre l’opera di Raffaele Piazza a tali interrogativi. Come se ci chiedessimo ogni volta: chi è Beatrice? Chi sono Lesbia, Laura o la Clizia di montaliana memoria?
Aggiungiamo tutte le figure femminili cui i poeti si sono in qualche modo ispirati, rivolti o hanno semplicemente personificato in esse l’essenza della poesia.
Alessia attraversa la vita ed il lettore attraversa la vita di Alessia; ne diventa spettatore finché non si confonde all’unisono con Alessia stessa, assumendone lo sguardo sul mondo. Bastino questi versi:
È il 1984, Alessia rosa vestita/attraversa lo spazio di un cortile/di rondoni d’argento a scrivere/contro l’immenso azzurro. (da Alessia e la vetrina)

Vi è un fluire dolce ed impalpabile del tempo che pervade l’opera, filtrato da sensazioni e condensato in attimi e in situazioni, fissate con puntuale precisione diaristica.
Individuiamo, infatti, almeno due livelli di lettura: quello del poeta-narrante, dell’aedo -oserei dire- che costruisce un poema epico di Alessia e quello della protagonista, colta nel suo appuntare gli istanti fotografici di vita (un giorno/d’aprile, il più bello dei mesi, / per trascriverne nel diario/ogni attimo da Alessia e i diari oppure risveglio di Alessia tra le cose/ di sempre, caldo del corpo/tra le spire del piumone, in un sogno/ bello da trascrivere nel diario, /residuo del sonno in quell’accorgersi in Alessia tra le cose di sempre).
Questi momenti fulminei eppure intensi coincidono con quella che per Lei costituisce l’unica ragione vitale: l’amore per Giovanni. E’ un tempo di accadimenti in luoghi anche ben definiti (Napoli, Ischia, Siena…, “E’ il 1984 scivola l’auto per le/salite di Assisi”): tante cartoline di Alessia che rivive i momenti nel pensiero, nel ricordo o in una dimensione di sogno/sonno (Alessia con l’anima di vetro trasparente/ nella sua politezza, nel differenziarsi dai /limiti del tempo, entra in galassie e ne esce/ rinnovata come nel sonno entrando senza sogni in Alessia e il 2012).
Questa dimensione del viaggio colora l’esistenza, ma in modo parziale perché -si notava- essa acquista senso solo con l’epifania salvifica, tutta terrena, tentatrice e passionale, di Giovanni. Altrimenti i giorni, le sere, le vie sarebbero e sono, di fatto, disadorni; un aggettivo inequivocabile e insistito in tutta la raccolta di Piazza, che non ci consegna assolutamente l’immagine di una giovane donna passiva.
Alessia è l’artefice dei suoi giorni, ne tesse la trama pur nell’inesorabilità degli eventi: Passano giorni disadorni/pari a polvere d’argento/a posarsi sulla tela lavorata/da Alessia nell’ansia serale in Alessia e la tela e pure citerei Sera senza peso, regola la luna le maree/Alessia tesse il tempo in grazia di giorni in Alessia e l’allodola.
Come per l’omerica Penelope, anche per la nostra eroina epica è soddisfatta l’attesa dell’amato: Giovanni nerovestito.
Monolitico appare, come un miracolo (poi attimo tra due istanti vede venire/ nerovestito Giovanni, perla o epifania/in un soffio di brina condensata sul vetro in Alessia e il greto del fiume) e un miracolato: non dimentichiamo l’origine etimologica del nome Alessia, colei che protegge.
Giovanni è l’attesa che si materializza, una presenza forte, sensuale, in grado di illuminare vita e testi; in essi predomina la luce bianca, chiara delle sere, e lampeggia il chiarore di luna sul corpo degli amanti.
La verticalità rischiara i paesaggi ed anche l’anima.
Dall’alto arrivano messaggi, avvisi, moniti, segni trasmessi da rondini, rondoni, gabbiani. Si tratta di uccelli/angeli salvifici dal canto che risuona intimidatorio nei momenti d’amore: con la pelle in attesa di gioia fisica e/piacere, nello scorgere del gabbiano/frontale il volo e ascoltarne la parola:/ attenzione! (come in Alessia e l’albereto). Nella stanza dell’amore carnale, che è anche l’Albergo degli Angeli, danno la percezione dei limiti, la coscienza dei rischi, del disincanto perché Alessia sa che l’abbandono comporterebbe gravidanze inattese - forse sperate, odio/amate- o la perdita di Giovanni (tanto non mi lascia così persuade e rinfranca costantemente il suo cuore).
Vorrei tornare a questo punto su quel carattere epico che ho attribuito alla raccolta di Piazza.
La forma, ricca di formule, epiteti (Alessia rosa vestita, oppure regina delle pesche …), immagini iconiche quasi ricorrenti (Alessia grano dei capelli, occhi di Madonna, azzurro limpido…) supporta il contenuto, i nuclei tematici che volutamente sono evidenziati da scansioni ritmiche, quasi a ritornello insistente e regolare.
Così sono reiterati vari particolari: la stessa fissità dell’attimo, (E’ il 1984), la pienezza di una giovane vita e le sue ansie (venti anni/contati come semi), l’appiglio ad un amore, all’amicizia, uno scrollare continuo di spalle nonostante i sinistri presagi di futuro.
Alessia rappresenta tutto il rosso sapore della vita nella sua umanità terrena, da cogliere e suggere a pieni morsi come fragole e pesche, frutti così tenacemente presenti nei versi, isolando matrimonio, figli, responsabilità in un futuro anteriore (Tutto accade. Alessia rosa vestita/per la vita nell’attesa dell’incontro/ tende ai petali del fiore d’arancio, /matrimonio nel futuro anteriore /della vita che la contiene in Alessia e la luce). Forse anche nel 2012 o 2014, verso la fine del “poema”, quando la maturità dovrebbe essere raggiunta.
Ma quale maturità? Che cosa è Bene?
Alessia pensando al futuro (ansia stellante a sommergerla/nell’inalvearsi col pensiero/ nella radura del futuro, anni/a manciate ad attenderla al varco), si chiede: Se il bene è nel domestico/ riposare e attendere o studiare/ e lavorare (in Alessia e il futuro).
Così anche noi restiamo di fronte a questo emblematico interrogativo senza una vera età, mentre ripercorriamo e contiamo i nostri anni come semi, sfogliando il canto e l’avvolgente danza di vita di Alessia, colei che protegge.
*
Valeria Borsa