giovedì 27 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = MARIO FRESA

MARIO FRESA : “Uno stupore quieto” – Ed. La collana stampa – 2012 – pagg. 80 - € 11,00 –
“Gli sguardi incuriositi sfiorano, adesso, l’ospite strano. / Mi ci vorrebbe lui, sicuro. / Cosa saresti diventato, dice , senza di me?.../ La sua risposta è pronta, disarmante: la voce querula , / ma colma di delizia…..” Un imprevisto insinuarsi di sottili dubbi nel vorticoso soffio delle illusioni. Il tempo è filtro delle decisioni , calmo ed inesorabile , pronunciabile e conciliabile , nello spessore delle ore che appaiono quali riprese della memoria, o di quella quotidianità che cerca a tutti i costi di dare un senso alla precarietà . Non meraviglia il semplice racconto di un pomeriggio trascorso nel profumo di “un nugolo di foglie” , tra sorrisi e frasi , tra barba mal curata e domande gentilmente a tema. Mario Fresa riesce con il suo verso, quasi sempre lungo , fuori da ogni misura metrica, a ricucire il pensiero poetante con il poter dire la “parola”, e ciò con l’entusiasmo unico della precisione. La ricerca di una perfezione nella qualità stilistica è determinata da fulcri appassionati e sinceri, sempre determinati da occasioni , da sentimenti , da percezioni , da rappresentazioni , ove il controllo e l’asciuttezza hanno la maturazione indiscutibile della lirica.
ANTONIO SPAGNUOLO ---

domenica 23 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANITA PISCAZZI

ANITA PISCAZZI : “Maremàje” – Ed. Campanotto 2012 – pagg. 46 - € 10,00 –
Le immagini si susseguono in un tessuto serrato , nel quale ogni parola sembra essere cesellata per sospingere lo sguardo e l’ascolto verso figure che richiamano armonie. La fragile primavera ha colori che mutano a seconda del pensiero poetante, in merletti ricuciti sottovoce, quasi sussurri che a stento rimuovo il silenzio, mentre l’urlo di una preghiera – a volte - cerca di smuovere la quotidiana inerzia degli umani : “Contro l’ira degli uomini mi velo / di Maria e urlo preghiere:/ c’è vuoto sulla croce…” . Anita ( nata ad Acquaviva delle Fonti nel 1973 )riesce a descrivere con una maestria tutta propria e ricercata le lacerazioni che trafiggono il corpo di Cristo , tra il pianto della Veronica o la delicatezza di una Maddalena, per rinascere al di là degli altari e al di là delle miserie dell’ignavia. La terra , la sua terra , ritorna alle memorie più volte per raccontare la sete dei campi o i deliri dell’inverno, quando l’ansia del “ginocchio” si piega alla sospensione dei venti.
ANTONIO SPAGNUOLO

venerdì 21 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = LUCIANO NOTA

LUCIANO NOTA : “ Tra cielo e volto ” – Edizioni del Leone – 2012 – pagg. 80 - € 10,00 –
Per una realtà , positiva o negativa che sia , il sussulto della poesia qui si distingue fra numerose e luminose metafore, tutte concepite nella più pura analisi culturale , per la “parola” incisa e ripetuta. “Mangio l’osso/ d’ogni tua parola/ e arrosso quando essa/ fa d’oca la pelle./ Ogni stilla/ ogni sangue/ è zinco e marmellata./ Rosa dichiarata/ ogni tua parola.” – Numerose le figurazioni gradualmente inserite, come toni pacati di una stagione tiepida e carezzevole, ed allora anche liberarsi dal sogno potrebbe essere una richiesta, che il poeta rincorre per assaporare quei passi che alternano l’illusione alla speranza , il non detto alla frequenza dell’imprevisto. Qualcosa che la memoria avvolge per ripetere le fantasie dell’amore , tra le audacie del subconscio e le accensioni dei ritrovamenti, in versi rapidi e lievemente sospesi.
In un ritmo quasi sempre pacato e coinvolgente le percezioni anticipano le misure assolute di quei tratti cromatici che rendono cangiante le tensioni , in quanto l’apparenza trova un immediato riscontro in variopinti orizzonti, in inusuali testimonianze, fra accensioni e riprese, che nei tempi della poesia sono gli aspetti quotidiani dell’immagine soggettiva. Luciano Nota sospende le sue occasioni ad un tessuto sublimato, per non essere confuso con frange e strappi , ma per risolvere quel labirinto inesauribile che è la invisibilità di qualche destino. “Ti seguo seguendo il verso/ del merlo e del fagiano./ Mio caro, è un brivido/ vedere il tuo capo/ riflesso nel canale/ non è stabile./ Sul labbro un vocabolo fermo: / resta./ Avrai pure un soffio / da darmi / un veliero. / Resto: / avrò pure da darti / un’inezia / un pensiero.” –
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 20 settembre 2012

NOTIZIE = PREMIO ALBEROANDRONICO

PREMIO ALBEROANDRONICO 2012 --
Possono partecipare tutti i cittadini, ovunque residenti, solo con opere in lingua italiana.
Alla sezione A si partecipa con una poesia dattiloscritta, che non deve superare i 40 versi.
Alla sezione B si partecipa con un massimo di 8 poesie dattiloscritte, ognuna delle quali non deve superare i 40 versi. Alla silloge occorre dare un titolo e un indice.
Alla sezione C si partecipa con un elaborato (racconto, saggio, favola, articolo) che non deve superare le 8 cartelle dattiloscritte, ciascuna di 2000 battute spazi compresi.
Alle sezioni D, G ed H si partecipa con un elaborato letterario, svolto in poesia (che non deve superare i 40 versi) o in prosa (racconto, saggio, favola, articolo) che non deve superare le 8 cartelle dattiloscritte, ciascuna di 2000 battute spazi compresi, che approfondisca il tema indicato.
Alla sezione E si partecipa con un volume edito dal 1 gennaio 2002 alla data di scadenza del Premio, da inviare in 5 copie.
Alla sezione F si partecipa con un testo per una canzone, dattiloscritto, che non deve superare i 40 versi.
Alla sezione I si partecipa con una poesia dattiloscritta, in dialetto, con traduzione in italiano a fronte, che non deve superare i 40 versi.
Alla sezione L si partecipa con una fotografia inedita a tema libero, da inviare in 5 copie, a colori o in bianco e nero, con formato di stampa di cm.20 x 30. Dovrà inoltre essere allegato un CD-Rom contenente un file in formato jpeg per Windows non compresso. Alla fotografia deve essere attribuito un titolo da indicare sul retro delle copie. Saranno ammesse solo immagini prodotte con apparecchiature fotografiche e non alterate tramite fotomontaggi e/o fotoritocchi tali da snaturarne l’idea fotografica e la sua valenza artistica. Per questa sezione è necessario inserire nel plico anche la scheda compilata e firmata, scaricabile dal sito http://www.alberoandronico.net.
SCADENZA 30 SETTEMBRE 2012 ---

venerdì 14 settembre 2012

NOTIZIE = RIVISTA

INCROCI – semestrale di letteratura e altre scritture –
Gennaio – giugno 2012 –
Sommario :
- Editoriale -
- Marcello Marciani : La corona dei mesi
- Crisi e crisalidi : testi di autori vari
- Francesco Giannoccaro : Qualche domanda a Pierluca Cetera
- Vincenzo Mascolo : Intervista a Emmanuele Francesco Maria Emanuele
- Salvatore Francesco Lattarulo : La parola arrabbiata : poetica della crisi e premodernismo in Fabio Pusterla.
- Domenico Ribatti : Parole in crisi
- Milica Marinkovic : Interculturalità e dantismi nel Tommaseo dei Canti illirici.
- Dorella Cianci : Nazariantz , poeta d’incrocio
- Teresa Zonno : Per una cultura europea come Cultura dei Ponti.
- Isabella Di Bari : Pagine sfogliate sullo schermo : Zurlini tra Pratolini e Buzzati.
- Vito Attolini : Il passo fermato di Theo
- Raffaele Nigro : Intervista a Theodoros Angelopoulos
- Schede : a cura di D.M. Pegorari, P. Civitareale , G. Stella Elia, M. Alunni, S. Ritrovato, G. Pedicini , F. Medici, F.R. Recchia Luciani, M. Scalabrino , C. Tedeschi, D. Ribatti.
-- RIFERIMENTO : incrocionline@libero.it

INTERVENTI = LA POESIA DI NAZARIO PARDINI

ASPETTI E MOTIVI DELLA POESIA DI NAZARIO PARDINI

Io non so quale e quanta valenza artistica possano avere le migliaia di premi letterari banditi ogni anno in Italia né con quanta onestà, correttezza e competenza essi siano condotti e realizzati. So però che essi sono un’occasione di conoscenza, talvolta di frequentazione (anche se solo telefonica o più generalmente telematica), più raramente di amicizia.
È così che ho conosciuto Nazario Pardini, come uomo e come poeta. Del tutto encomiabile nell’una e nell’altra prospettiva.
L’humanitas, nel senso più ricco e profondo del termine, connota splendidamente la personalità e l’opera di questo sapido toscano, colto e gentile, generoso e ispirato; e perciò il lettore, cui non difettino cuore e sensibilità, può disporsi ad una straordinaria avventura, ad un percorso poetico intensamente emotivo, risolto in una dimensione di classica armonia e compostezza.
Già nelle prime raccolte è ben evidente quale sia per Pardini la realtà che, urgendo in lui, lo spinge irresistibilmente al canto, reclamando voce e vita propria: è la pervasiva e transeunte bellezza della vita, è la natura intesa come “bella d’erbe famiglia e d’animali”, ma soprattutto come profonda essenza vitale, è il mondo degli affetti familiari, è l’amore, è il mito della bellezza e del mondo antico. Già nelle prime raccolte Pardini mostra di possedere gli strumenti del poeta: scrive in versi liberi, ma impiega con una certa frequenza l’endecasillabo e il settenario; ricorre a rime, assonanze, consonanze, allitterazioni, metafore, iterazioni con l’intento di sottolineare, anche attraverso scarti semantici, i momenti salienti del suo canto.
E posso dire, ora che posseggo più dei tre quarti delle pubblicazioni del poeta pisano, che la sua poesia ha sempre sicura ed elevata dignità letteraria, accentuato spessore umano, capacità di penetrare nel cuore e nella mente del lettore, suscitando affetti ed emozioni.
Ma è nella splendida silloge Alla volta di Leucade (Mauro Baroni Editore, Viareggio-Lucca, 1999, pp. 126, con prefazione di Vittorio Vettori e postfazione di Floriano Romboli) che il poeta, con risoluta dolcezza, prende il lettore per mano e lo guida nel suo mondo, a sentirne l’estrema ricchezza di elementi fisici, così necessari nella sua dialettica creativa, e l’intensità dei sentimenti, la quale ben si coniuga con un nitore formale che rivela una lunga frequentazione di autori classici: greci (in particolare Omero e i lirici), latini ( soprattutto Lucrezio, Catullo, Virgilio, Orazio, gli elegiaci), francesi (tra gli altri Baudelaire, Verlaine, Rimbaud), italiani (Dante in primo luogo, poi Foscolo, Leopardi, fino a Pascoli, D’Annunzio, Ungaretti, Montale).
Leucade, innanzitutto: l’isola delle bianche rocce, del salto di Saffo e della catartica soluzione degli amori impossibili. Non sono certo che qui, in qualche modo, Leucade richiami ai Dialoghi con Leucò di Pavese, come pur sostiene Vittorio Vettori nella prefazione . Mi pare piuttosto che il titolo ci riporti a un nome, Saffo, poetessa molto amata da Pardini per fatto umano e artistico, e a una condizione: il ri-acquisto della serenità, intesa come affrancamento dal turbinio delle passioni (il “gran salto” liberava -come è noto - in un modo o nell’altro dalla sofferenza d’amore); ma soprattutto il titolo ci riporta a un mondo, quello classico, paradigma di bellezza, misura, armonia. In più il bianco (λευκóς -> λευκάς -> Λευκάς -άδος, Leucade), con tutta l’area semantica che a questo colore si richiama ( chiaro, brillante, splendente, limpido, candido, sereno), allude ad un processo di purificazione e di elevazione, ad una conquista quasi metafisica di sé, cui anche un moderno sacerdos musarum non può sottrarsi; o magari a un’ideale condizione da perseguire, se non da conseguire: quella di un terso e vivo equilibrio, in cui i fili del tempo si dipanano senza sussulti per una sottesa solida filosofia che aderisce saldamente alla vita e alle cose, pur nella consapevolezza della loro precarietà. Anche le scelte lessicali, che talvolta rimandano al parlato (querci, rame, ragia, moreccio, ecc.), cospirano a realizzare questa condizione di adesione al mondo esterno nel quale e con il quale Pardini snoda il suo percorso umano e poetico.

E che ricchezza poetica, che spessore creativo in quest’opera densa e omogenea sotto il profilo dell’ispirazione! Le sezioni che la compongono (quattro: Stagioni -con la sottosezione Canti liguri -, La sera di Ulisse - Poemetti serali, Fuga da settembre, Sulle rive del Biondo e dello Xanto - Canti arcaici ) sono cementate dai temi di canto che percorrono la silloge in ogni direzione e dichiarano la vita, gli affetti e gli slanci del cuore. Ci troviamo di fronte a una poesia piena e matura, descrittiva e riflessiva, di assenze e di ritorni, di scoperte e di stupori, di ricordi e, talvolta, di rimpianti. Eppure la rievocazione non è mai fine a sé stessa: immergersi nel passato non solo consente al poeta di recuperare e rivivere esperienze e sensazioni, di aver consapevolezza del fluire delle cose, ma anche di indagare la singolarità, e quasi la fissità, dell’attimo, numero primo e realtà indivisibile della vita dell’uomo.

Inoltre, la natura. Si tratta di una presenza sostanziale e dialettica nell’intero iter creativo del poeta di Arena Metato, che ad essa fa riferimento prima e più ancora che agli esseri umani; la natura come magna mater, compagna di viaggio, presenza vitale; come vigore, misura, bellezza; come maestra, esempio, monito. Natura a cui aderire come a realtà affascinante e necessaria, non annullandosi però, non naufragandoci, ma conservando coscienza di sé e della propria umanità. Non c’è da meravigliarsi dunque che il cielo (o il mondo arboreo ) sia animato da colombi, passeri, rondini, falchi, tortore, aironi, cormorani, poiane, alcioni, usignoli, folaghe, tordi, beccacce, fringuelli, allodole, procellarie, nibbi, merli, gipeti, gabbiani, rondoni; né che i prati, i campi, i boschi esibiscano un’opulenza vegetale: pésco, alla rinfusa e a piene mani, gigli, ginestre, glicini, girasoli, biancospini, ninfee, equiseti, acacie, castagni, elci, rosmarino, mirto, timo, corbezzoli, ginepri, fichi, limoni, faggi, crescione, cipressi, pioppi, querce, peri, betulle... Vale la pena di fermarsi qui. Ma queste occorrenze naturalistiche non hanno assolutamente nulla di gratuito o scontato, perché ogni animale, ogni essenza arborea, arbustale o erbacea è, nella poesia di Pardini, strettamente funzionale al singolo momento creativo o ne è addirittura sostanza e fondamento; ed anche perché qui la natura è segno e metafora della vita nei suoi vari aspetti e sviluppi; e provoca (al)la poesia.

Ma torniamo a Leucade, alla luminosità del sogno, alla dimora dello spirito, all’avvincente grazia e nitidezza del mondo classico rivissuto dal poeta con grande acutezza, padronanza e personalità, se convoca e coinvolge nel canto i grandi poeti dell’antichità, se dà loro voce per esprimersi, se affianca ad essi i classici moderni, se degli uni e degli altri recupera forme, stilemi, spunti, provocazioni poetiche insomma, per dare vita a testi squisitamente suoi, a versi che scuotono l’animo e comunicano sensazioni irripetibili. Con in più un pizzico di malinconia, soprattutto nella sezione Fuga da settembre, dove la poesia eponima (e finale) rappresenta, in linea con le altre, la triste dolcezza di questo mese tanto caro al poeta, forse perché racchiude i significati dell’autunno, di ogni autunno che -è opportuno ricordarlo- è anche la stagione della pienezza e della maturità.
Eppure a me pare che soffermarsi solo su qualche lirica farebbe torto all’intera silloge. Alla volta di Leucade è tutta interessante, appassiona e avvince in quanto prodotto letterario di assoluto rispetto e testimonianza di voce poetica sicura e verace, polimorfa e vibratile, essenziale e sofferta. Che è quella di Nazario Pardini.
PASQUALE BALESTRIERE

domenica 9 settembre 2012

POESIA = IVAN POZZONI

COCKTAIL MOLOTOV

«Riempire una bottiglia di benzina»
[Mi nutro di vita]
«Avvolgere uno straccio attorno al collo della bottiglia»
[Penso ad una soluzione]
«Bagnare di benzina lo straccio»
[Chiamo: nessuna risposta]
«Accendere l’innesco»
[L’animo indignato si infiamma]
«Spaccare la bottiglia tra le mani»
[La morte dell’artigianato]

Le istruzioni, viviamo ormai senza cartine, sono impresse a sangue
negli ostraka ateniesi, o su vasi dozzinali etruschi,
sui muri dei bordelli di Pompei, o negli intonaci delle celle di esicasti bizantini,
sulle lettere di cambio dei mercanti veneziani, o nelle trincee della Grande Guerra,
tramandandosi / tramandandoci di era in era, di millennio in millennio,
dai cantastorie aedici ai contastorie cibernetici,
e continuano a ustionar l’(in)umano, comburente e combustibile allo stesso tempo,
consumandolo nelle fiamme dell’incendio, inesauribile, dell’arte,
che brucia, spegnendoti, senza mai spegnersi.
*

I MIEI VERSI HANNO TITOLI DIFFICILI

La dimensione narcisistica dell’ego
spiazza ogni tentativo di scendere in piazza
schizza ogni abbozzo di mistico schizzo
condannando l’artista all’impiego,
salario fisso, a far da torcia, lungo la via Salaria
votandosi a mendicare voti, di casa editrice
in rivista, insinua la mania di esaurire un’inusitata collezione
di bollini di presenza da incollare a una tessera annonaria.

Il maestro A consiglia maggiore stringatezza,
il maestro B non teme vincoli d’estensione
il maestro C inneggia a maggior levigatezza
il maestro D chiede abrasione,
e, in mezzo, l’autore junior a barattare illibatezza
contro un warholiano quarto d’ora d’attenzione.

Scrivi sulle città in fiamme,
no, canta della società annacquata,
oh, infiamma di sesso i versi,
ehi, versati acqua nelle mutande,
metti su fogli bianchi A4
il contrario di ciò che ti chiedono i critici
o una critica di ciò che ti chiedono i contrari,
accetta l’omaggio di tutti, tutti sono maestri di tutto.

Tu resta, a vita, l’allievo d’un sogno distrutto.
*

L’IMPICCATO

Quando ti è venuta a mancar l’aria,
strozzato da bollette, fatture, decreti ingiuntivi,
dalla recessione, creata ad arte, da un capitalismo mobile
interessato a mandare a fondo nazioni intere
con la celerità inafferrabile dei movimenti informatici in rete,
e ogni banca, sempre disposta a mendicare aiuti,
ti ha rifiutato l’elemosina di un sostegno,
e ogni strozzino, sempre disposto a conceder credito alla fame d’aria,
ha rassegnato le sue dimissioni,
e ogni ufficiale giudiziario, distratto dal sogno di diventar docente
di diritto romano in Università Statale,
ha disseminato di sigilli i tuoi incubi,
e ogni amico, assillato dal terrore di raggiungerti
nella zona rossa della cartografia dell’inferno,
ha rinunciato a dare ascolto ai tuoi noiosi rammarichi,
e ogni senso della vita ha deragliato dai soliti binari,
boicottato da bollette, fatture, decreti ingiuntivi,
trovasti come rimedio, contro strangolamento finanziario,
l’ultimo respiro d’impiccarti a un albero.
*
IVAN POZZONI
*

Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976; si è laureato in diritto con una tesi sul filosofo ferrarese Mario Calderoni. Ha diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Tra 2007 e 2012 sono uscite varie sue raccolte di versi: Underground e Riserva Indiana, con A&B Editrice, Versi Introversi, Androgini, Mostri, Galata morente e Carmina non dant damen con Limina mentis, Lame da rasoi, con Joker; tra 2009 e 2012 ha curato le antologie poetiche Retroguardie (Limina mentis), Demokratika, (Limina mentis), Tutti tranne te! (Limina mentis), Frammenti ossei (Limina mentis) e Labyrinthi (Limina mentis); nel 2010 ha curato la raccolta interattiva Triumvirati (Limina Mentis). Tra 2008 e 2012 ha curato i volumi: Grecità marginale e nascita della cultura occidentale (Limina mentis), Cent’anni di Giovanni Vailati (Limina mentis), I Milesii (Limina mentis), Voci dall’Ottocento I II e III (Limina mentis), Benedetto Croce (Limina mentis), Voci dal Novecento I II III e IV (Limina mentis), Voci di filosofi italiani del Novecento (IF Press), La fortuna della Schola Pythagorica (Limina mentis), Pragmata. Per una ricostruzione storiografica dei Pragmatismi (IF Press) ), Le varietà dei Pragmatismi (Limina Mentis) e Elementi eleatici (Limina Mentis); tra 2009 e 2012 sono usciti i suoi: Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso (Limina Mentis) e Grecità marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici (IF Press). È direttore culturale della Limina Mentis Editore; è direttore de L’arrivista - Quaderni democratici.

sabato 8 settembre 2012

POESIA = LUCIANO NOTA

E' QUESTO NOSTRO ANDARE

E' questo nostro andare
menti ocra e mani rosa
sbozzati da intonaci fluenti
in mezzo litro di ginocchi.
Notti dopo notti
vedremo crescere le coppe
daremo acqua ai Dioscuri.
Ma se il tatto e le parole
i fatti e le correnti
ci vedranno ancora incerti
cercheremo nel non detto
nel non fatto
il getto intero.
*
PRIMA

Verrai a trovarmi lì
non per riconoscenza
ma per tenue ricordo.
Sono stato un cliente mobile.
Di fiumi ne ho visti
ne ho gustate di piaghe.
Ti chiedo di pesarmi
odorarmi almeno
sul punto di lasciarmi.
Poggiarmi su un flutto
laddove ho mancato tutto
prima.
*
LA NOCE

Qui si sente calore.
Il buio non ha voce.
La noce voltola
giunge ai piedi
di un tavolo giallo
al cui centro s'incrociano alluci.
Qui si sente odore
di monili sottili.
Lo spazio di un ardore.
La noce rivoltola
svolta a destra
si consuma
fissa arguta la stanza.
Muore al centro di un armadio
al cui lato s'infiamma la danza.
*
LUCIANO NOTA
*
Luciano Nota è nato ad Accettura in provincia di Matera. E' laureato in Pedagogia ad indirizzo psicologico e in Lettere Moderne. Vive e lavora a Pordenone svolgendo l'attività di Educatore. Ha pubblicato: "Intestatario di assenze" (Campanotto 2008), "Sopra la terra nera" (Campanotto 2010), "Tra cielo e volto"(Edizioni del Leone 2012, prefazione di Paolo Ruffilli, postfazione di Giovanni Caserta). Sue prime poesie sono state pubblicate su varie riviste letterarie e in diverse antologie: "Solo buchi in un barattolo" (Ibiskos- Ulivieri 2011, a cura di Aldo Forbice), "Poesie del nuovo millennio" (Aletti 2011), "Arbor poetica" (LietoColle 2011), "Dedicato a...Poesie per ricordare" (Aletti 2011), "Parole in fuga" (Aletti 2011), "Tra un fiore colto e l'altro donato" (Aletti 2012), "Agenda 2012" (Ibiskos-Ulivieri). Nella trasmissione di Rai RadioUno Zapping a cura di Aldo Forbice sono state ospitate molte sue liriche. E' presente sul blog di Poesia Rainews24 a cura di Luigia Sorrentino, sul blog di Nazario Pardini "Alla volta di Leucade", 2 poesie sul blog di RaiRadioTre. Una sua lirica è stata ospitata nella trasmissione "L'uomo della notte" sezione "Poetando" condotta da Maurizio Costanzo

NOTIZIE = MARATONA DI POESIA

Invitiamo a partecipare alla :
Maratona di Arte, Musica e Poesia
Organizzata da
Associazione Culturale Milanocosa
a cura di Adam Vaccaro
29 settembre 2012 - dalle ore 17 alle 20
Hanno aderito :
Ennio Abate, Cristina Annino, Leopoldo Attolico, Claudia Azzola, Maurizio Baldini, Donatella Bianchi, Rinaldo Caddeo, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Annamaria De Pietro, Daniela Dente, Antonio Derose, Mariella De Santis, Fernanda Fedi, Annamaria Ferrramosca, Alberto Figliolia, Gilberto Finzi, Nicola Frangione, Barbara Gabotto, Angelo Gaccione, Gabriella Galzio, Fabia Ghenzovich, Gino Gini, Giacomo Guidetti, Maria Jatosti, Gianmario Lucini, Alberto Mori, Ivano Mugnaini, Alessandra Paganardi, Mariella Parravicini, Angela Passarello, Pina Piccolo, Rosa Pierno, Anthony Robbins, Franco Santamaria, Antonio Spagnuolo, Adam Vaccaro, Aky Vetere, Antonella Zagaroli, Giuliano Zosi
Con letture degli attori:
Roberto Carusi, Daniela Iannace e Francesco Orlando
Per informazioni e adesioni : info@milanocosa.it; adam.vaccaro@tiscali.it


POESIA = FABIANA FRASCA'

- LIGNUM VENERIS
*
Il corpo nodoso induce la chioma
sul fiume. Proteso nei rami
s’involta da stracche radici
a lambire l’aperta corrente.
Linguaggio di foglie insinuanti,
lusinga dell’umido d’acqua già fosca
di terra, succosa di torba e di fango.
Dall’alto dell’aria una frappa
di vento carezza l’erba alle sponde,
reclina teneri i fili sul greto.
Il sole, ostia rossa, infiltra il suo raggio
caduco nel serto corrusco dei colli.
Poi nebbia, rigagnolo bianco,
che sperga dal tronco crespato
e goccia in circoli d’oro
sul pelo vibrante dell’acqua.
Gli stridi svettanti di rondine nera
svaporano il giorno in gonfiore di luna.
S’oscura il paesaggio. S’annotta.
S’acquieta lo scorrere muto del fiume
nei bracci infiniti del mare.
Ricalca d’argento la luna
l’eterno gettarsi di acqua in altra acqua.

*

VISIONI

Ben rassodata nell’infitto
dolore coi suoi filtri al tornasole
cangianti e piogge acide di giorni
aguzzi per sali-scendi di scale,
risalgo e ridiscendo nell’occhio
dello sguardo che disturba le cose
per troppa ruvida saggezza.
Solo visioni vedo debolmente
strofinarsi al ventre dei ricordi.
Oh, lo so bene e per te pure lo so…
la più vera vissuta visione
è quando mi guardi
prima delle cose.
*
TALAMO

Cerchiamo amore
nel gioco
dei sussulti.
Archi di schiene
ventri apparentati
guizzi di lingue
inarticolati.
Afrori schiume
granuli di fiato
limaccio
d’umore corporale.

Amore scivolato
sul sudore
da tanti troppi anni
coniugato.

FABIANA FRASCA'
*

Fabiana Frascà è nata a Napoli dove vive e lavora, alternando scrittura prevalentemente poetica e attività di progettazione grafica.
Ha pubblicato poesie e racconti in diverse raccolte antologiche frutto di premi letterari o concorsi.
Una sua silloge di venti poesie compare nell’antologia “Il sé, la poesia, il mondo” (Giulio Perrone editore).
Altra silloge è contenuta nel secondo volume dell’antologia.
Sempre con Perrone, nella collana LAB, ha pubblicato una raccolta poetica dal titolo “L’Oscuro Centro – novantanove quartine di corpi e una prosa di anime”.
Ha partecipato a Roma, a Napoli a Taranto e a Milano a serate di reading e contrasto poetico.
È vincitrice della IV edizione 2009 del “Premio Internazionale Mario Luzi”, prima classificata per la Sezione Poesia Inedita.
È stata segnalata, all’edizione 2010 del Premio Nazionale di Poesia e Narrativa “AlberoAndronico” tenutosi a Roma in Campidoglio, con il volume “L’Oscuro Centro – novantanove quartine di corpi e una prosa di anime”.
Vincitrice, con lo stesso volume, della XXVI edizione (2010) del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, indetto dall’Istituto Italiano di Cultura – Napoli.
Con il volume “L’Oscuro Centro – novantanove quartine di corpi e una prosa di anime”, ha conseguito la Menzione d’Onore alla XXVI edizione (2012) del Premio Nazionale di Poesia e Prosa “Lorenzo Montano”.-

venerdì 7 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = GIACOMO LERONNI

GIACOMO LERONNI : “Le dimore dello spirito assente” – Ed. Puntoacapo – 2012 – pagg. 152 - € 15,00 –
Torna a fremere in Giacomo Leronni la indomabile passione per la parola , quella delicata e violenta, che la poesia riesce a creare , nel ritmo e nella musicalità dei versi. Qui lo scavo è palesemente attivo, per quella sua suggestiva eleganza culturale che lo distingue , sia per la precisione che corrisponde ad una equilibrata realizzazione , sia per la impegnata scelta delle metafore. Sempre ricche di esperienze e affinità, di ombre e luci incalzanti , di silenzi che rischiano tormenti o illusioni, nella finitezza di una cosciente nostalgia. “Domani / arroventerò il risveglio / indagando fra i corpi / con la fronte sfatta/ e la vergogna / poi mondo / mi piegherò fino al solco/ siglerò il patto / con la vena d’aria / questa / è la promessa superstite / il futuro.” Il respiro è sospeso, complice degli spazi che distinguono le figure, tra le memorie riaccese e lo stupore sottile che meraviglia. Nei versi brevi incalza , quasi danza armoniosa, l’onda delle emozioni , quando traspare , non celato, il segno autobiografico, lento caleidoscopio della esistenza.
ANTONIO SPAGNUOLO

giovedì 6 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = CARLA BARONI

CARLA BARONI : “CANTI D’AMORE PER SAN VALENTINO” --Panda Edizioni, Padova - 2012
È davvero una bella avventura l’incontro can la limpida e fascinosa poesia che percorre e anima "Canti d’amore per San Valentino", l’ultima pubblicazione della scrittrice ferrarese, e il cuore e la mente si affidano all’onda di un canto vibrato e commosso, carezzevole e dolce.
Si tratta di un’opera monotematica, una sorta di “de amore” per intenderci (ma qui Andrea Cappellano non c’entra nulla), dove cioè già il titolo determina l’oggetto poetico e ne delimita idealmente i confini. E l’amore, sentimento antico e universale, delicato o squassante, carezzevole o feroce, qui s’accampa in un’ampia gamma di aspetti e di variazioni, di forme e di intensità: c’è l’amore che oscilla tra salvezza e perdizione (“E quando io cadrò tra le tue braccia / non saprò mai se questo accadimento / sarà frutto di Dio o del Maligno / per guidarmi nell’Eden mio terreno / o per futura eterna dannazione”); quello vissuto come remissione condiscendente ai desideri dell’amato ( “… ma poi ubbidisco presa dal tuo vortice / voglioso di ben altro che sospiri.” E ancora: “ Dimmelo caro, come vuoi sarò. / Sarò strumento sotto le tue dita / che canta al mondo la felicità.”); quello, un po’ idillico, inteso come approdo a rive serene, al “profumo degli orti”, a un’appena accennata ma soffusa sensualità. L’amore, poi, può avere la bellezza e la purezza del diamante (“Diamante mio purissimo…”) ma anche uccidere come il veleno ( “…uccide come colchico o cicuta”); oppure può essere sconvolto dalla gelosia (“… son divorata dalla gelosia / e nutro propositi omicidi / verso di te e le altre a te d’attorno.”) ma anche condito di sottile e giocosa ironia (“Sette righe per te mio primo amore /…/ anche se non ricordo chi tu sia /…”). In ogni caso, però, esso è necessariamente precario e transeunte ( “Nulla rimane eterno…”). Per di più “Cupido gioca a carte / quando scherza coi fanti e le regine / e non guarda se sono quadri o fiori / preso com’è a strapazzare i cuori”. Da qui la violenta apostrofe che connota una ribellione forse anche impotente: “Non ridere fanciullo maledetto / se la donna di picche s’innamora…”
"Canti d’amore" accoglie 48 brevi componimenti, compresi in massima parte tra i sei e i dieci versi, con poche eccezioni che mai comunque eccedono i quindici versi. La spiegazione di tanta brevità sta nella necessità, da parte della Baroni, di circoscrivere e isolare il momento poetico nella sua irripetibile essenzialità e assoluta peculiarità, di fissarlo in una realtà metastorica. Peraltro la forma metrica e il numero esiguo dei versi di questi componimenti, ma anche l’argomento, ci richiamano alla mente il madrigale, antica forma poetica schiettamente italiana ormai desueta, formato da due o tre strofe tristiche e da uno o due distici finali, naturalmente di endecasillabi. E, non certo casualmente, quasi tutte le liriche della raccolta di Carla Baroni rientrano tranquillamente in questo schema. Così la poetessa ferrarese ci offre la sua poesia in una sorta di madrigale moderno, che fa quasi sempre a meno delle rime, ma che, dell’antico e petrarchesco, conserva il ritmo dell’endecasillabo, il tema amoroso, l’indole musicale, qualche sfondo o spunto idillico-naturalistico.
L’amore, dunque. Il trionfo dell’amore. Eppure questo amore e il suo oggetto sembrerebbero essere, nonostante tutto, molto poco “fisici”, reali, oggettivi; anzi piuttosto immaginati, carezzati, sospirati, idealizzati, sognati. Per di più, talvolta, qualche accenno ironico induce a dubitare se per caso la penna della scrittrice non stia in qualche modo anche giocando con questo sentimento fino a sorriderne. Anche Nazario Pardini, nella sua attenta e circostanziata prefazione, si sofferma su questo aspetto: ” … l’amore, visto e trattato con quello sguardo sarcastico, ironico e dissacrante, ma estremamente appassionato…” Ecco, il prefatore ha ragione e indovina anche l’ultimo aggettivo, perché senza passione non c’è né arte né poesia. E neppure vita.
Scorrendo le liriche di questa snella silloge si è colpiti dalla sapienza verbale e versificatoria: si noti, per esempio, come “danza” il seguente endecasillabo ad andamento prevalentemente dattilico “…rubandole al Cantico dei Cantici”. Peraltro è proprio l’endecasillabo il verso preferito dalla Baroni: sobrio,armonioso, ampio, musicale.
La notazione finale è che ci troviamo di fronte a una poetessa di profonda umanità e di grande bravura, abile a cogliere e rappresentare ogni aspetto della sua sensibilità, resa ancora più acuta e vibratile dalla lezione della vita; sensibilità e abilità che le consentono di esprimere in poesia ogni parte del suo percorso esistenziale per ridurlo a condizione universale attraverso lo strumento creativo. E d’altra parte il buon numero di pubblicazioni di opere poetiche -tutte monotematiche- testimoniano l’articolata avventura umana e artistica di una donna sempre pronta a mettersi in gioco e a dare il suo contributo di ricchezza creativa alla poesia contemporanea.
PASQUALE BALESTRIERE ---


mercoledì 5 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = PIERINO GALLO

PIERINO GALLO : “Cristallo e pietra” – ed. Associazione Culturale Lucani Art – pagine 12 – s.i.p. – tiratura limitata.
“ I corpi sono mutati, sono mutato anch’io. / Erano forti per lottare e fragili per frantumarsi al vento./ Erano grandi e lisci per levigare i sogni./ E’ stata lunga la stagione di quell’anno, / ora che sempre, anche se sempre è niente, / saremo foglie d’autunno.” Un tocco nostalgico e poeticamente sorprendente , nel riordinare la memoria per una stagione che potrebbe non venire mai o che potrebbe essere definitivamente perduta. Pierino Gallo offre una plaquette decisamente organica nelle poche pagine delle quali si compone. Versi asciutti , tra i bagliori primordiali delle colorazioni e le luci rinviate a richiami , per una delicata dimensione onirica, che fa del verso una visione costantemente in rilievo.
ANTONIO SPAGNUOLO

lunedì 3 settembre 2012

SEGNALAZIONE VOLUMI = VALERIO MAGRELLI

VALERIO MAGRELLI : “Natività” - Ed. L’obliguo - Brescia --
Ancora una volta , fortunatamente , ci imbattiamo in un testo di tutto rispetto, per una poesia particolarissima, che nel caso risente di una vena contemporanea che rifiuta l’elegia, e riformula il concetto di una poetica quotidiana, eseguita sull’onda dell’andamento domestico, del tempo cronologico, della temporalità. Una ricognizione questa di Magrelli del vissuto ordinario, ma della quale, nel suo profondo si evince la riflessione sulla vita, sull’esistente, si tocca l’amaro di un “sistema” che è ininfluente nei confronti del bene comune, della felicità, del benessere. Affogati come siamo da una valanga di problemi di ordine sociale, personale, culturale, politico, congiunturale giornaliero, risentiamo dell’anestesia dell’anima, e, da questa, origina l’infelicità dell’individuo, le sue assenze o defezioni, le penurie, le contraddizioni di un vivere precario fatto a immagine di un “mordi e fuggi”, di una scontata e deprecabile vita esteriore: spersonalizzata, umiliata, resa sterile dall’automatismo epocale, dal depauperamento morale, intellettuale della società, cosiddetta “consumistica”.
Come nella poesia: “Natale, credo scada il bollino blu” e poi a seguire: “E per conoscenza”, “Questo brusio, il ronzare di congegni!, rendono l’idea immediatamente di questo conflitto tra l’uomo e la sua estraneità al mondo, tra l’uomo e la sua immagine amebica, anestesizzata, paranoica, che vive in un limbo di paradossali ingranaggi fatti a immagine di asfissìa, di veleni, avvolto “in un estremo brivido/ molecolare d’onde” /.../ questo brusio, il ronzare di congegni/ per l’aereazione, clic di infinite valvole termostatiche, fase o bifase, questi/ panneggi di microvibrazioni/ che avvolgono la sera in un estremo brivido.../” così descrive l’ambiente circostante Magrelli e vi è tutta la forza d’urto, l’urlo soffocato di non riconoscersi “oggetto” in balìa di un meccanismo, di un automatismo sincopato che depreda l’interiorità, la sensazione di potersi autonominare “soggetto” del mondo, senza lo stritolamento, il deterioramento dell’essere. L’attrito rimane forte tra le incombenze da pagare: canone-TV, Irpef, bollino blu del motorino, questo destreggiarsi in un’epoca che non ammette distrazioni, pause, interruzioni: tra bollette, password, codici utente, Pin, (che il poeta definisce “le nostre dolcissime metastasi” attraversate dall’anagrafe telematica che viviseziona ogni gesto, ogni azione umana.
Ma ecco, nel fondo spuntare la nota amara: il riflesso del pensiero che avverte di essere umani in un ambiente ostile, e traduciamo dal poeta: “questo cavo artificio palpitante che è il nostro mondo”. Così non resta che dargliene atto, non restano che parole nel vento, questo declino automatico della coscienza è il risultato della ns. irrequietezza: “di sentire che qualcosa è andato perso/ e insieme che il dolore mi è rimasto/ mentre mi prende acuta nostalgia/ per una forma di vita estinta: la mia.” Una formidabile verità, una definizione di vita assente, di menomazione, di amputazione che avvertiamo tutti, ma soprattutto il poeta, le cui parole avvertono senza ombra di dubbio la vita parallela che ci ostruisce la virtù dell’intelletto, dell’anima e del sogno.
NINNJ DI STEFANO BUSA’

sabato 1 settembre 2012

POESIA = NINNJ DI STEFANO BUSA'

< 1 >
Questo poi è il limite, l’assunto

appena orbato di pensiero,

un canzone stonata che urta come ferri vecchi.

Tu annotti con la rosa, ti schiudi alla rugiada.

Talvolta è un artificio di sintassi,

una parola oscura, fuori rotta

che ostinatamente insegue il suo silenzio.

La residuale forza grida alle perdute forme,

al bene e al male oppone resistenza:

si fa fuscello in preda all’uragano.

E scinde in mille specchi il suo riserbo,

il fiore che vi affonda e la pietà.

Forse un angelo stanco e senza ali,

caduto chissà quando e chissà dove

si dondola ancora su liane d’aria,

in equilibrio instabile, dentro sfere di cristallo.

E il cielo si fa ramo.
**
< 2 >

Se potessi riparare a quell’argine,

dove l’acqua non tocca la sete,

chiedere alla sorgente di cambiare rotta,

di sorprendere sotto la foglia

il sonno delle primavere, la dolce aria

o il segnale più luminoso.

La danza della sera

ancora serra una fronte di luce

che misura il sonno dei mattini,

il fiore che smuore negli accenti

sempreverdi dell’erba,

quando il mondo tace o s’inabissa

nel suo letargo,

come un feto dentro la madre.
***
< 3 >
Non è stata la nota stonata

a impigliarsi alle corde dei violini.

Sotto mentite spoglie, angeli all’addiaccio,

con ali insufflate di letarghi

dormivano sulle quiete rive.

Mentre il mondo nutriva di parole

le piccole natività, le luci della ribalta,

gli accenti sospesi a mezz’aria,

come bandierine al vento della sera.

Fummo lesti ad attraversare

di corsa tutto il fiume, fermarci alla riva,

poi come angeli migrare in cieli estremi.

NINNJ DI STEFANO BUSA'
*