giovedì 15 marzo 2012

Poesie = Maria Grazia Lenisa

L’INVOCAZIONE

Un amore violento:
                                 sia il vento che strappa i rami o il fulmine
che incendia o Cristo amante che dentro deruba e suona
al vuoto cavo la speranza, unica corda d’arpa, non l’anelito
che al desiderio insaziato risponde.

                                                              E violentato amore,

Cristo offeso a cui contano l’ossa, rompono vene alle tempie
le spine che riga il Volto lacrime di sangue.

Cristo dell’erba brucata che esala un aspro aroma e senti
la ferita degli innocenti denti d’animale,
                                                                   Cristo squarciato
nella carne tenera dell’agnello, sublima il dolore ogni catena
del vivente.
                     Tragedia muta e sconnessa della pietra viva
Con la defunta grazia di un fiore,
                                                        ‘ambra’
                                                                         che cola
ed imprigiona il volo d’un insetto impigliato nelle zampe.
Cristo del legno che arde e si muta nella polvere fina
che ricorda il destino dell’uomo: prima brace che scalda
e scotta, dopo aroma e fuoco dentro impellente, estro-
mettendo l’Anima.
                                  Cibo ch’è masticato e si fa bolo, scoria
che nutre ancora l’animale.
                                               Cristo delle balene e degli squali,
porpora d’acque, ferocia nascosta, lager delle tonnare.


Cristo di tutto: balzo della tigre, luce sinistra di pantera
in trappola, zanne di elefante, avorio che commemora
l’oltraggio.


Cristo dell’uomo sulla croce aperto, fonte del suo costato
(sangue e siero), parto di madre che s’impietra dentro.

Cristo d’ogni pianeta, ma sempre offeso da un dolore

Immenso, sempre ferita aperta anche se il sangue brilli
Come mercurio in perle e salti, Extraterrestre bruciato
                                    nel cosmo.
Cristo degli astri, delle stelle morte, delle galassie
inesplorate, perse, del buco nero, aperto come fauce,

               O Cristo-Sema, unto della Vita!

[daIncendio e fuga”; Bastogi; feb. 2000]
*
IL CANZONIERE UNICO

Un cielo d’oro e piove tanta luce che fa prezioso
            il Sogno che consuma l’ultima cera
                            degli occhi
a si brucia nell’alchimia della Resurrezione.

Vedere rosa è ancora sogno umano a misura
           dei peschi a primavera che danno
                              i frutti
con l’ammaccatura ed i vermi dentro.

Se vedi oro, sai che non è guasto più né il fiore
       né il frutto e sempre vive nella prima-
                               vera
la pelle intatta di creatura pura nella luce soluta.

Non so che raggio  m’illumini interno dopo tanfi
     di buio, è che nell’oro ci cammino dentro.
                              La luce
non si spegne e che gioia, mia Signora dell’aria,
delle nuvole, averti scritto un Canzoniere Unico.

Giardiniera lucente dei tuoi orti, ho fatto versi
                               D’oro
In cui l’oggetto erotico era l’aria, la luce, il fiore…
e mai ogni bersaglio fu così incerto, volendo
        sfiorare l’Impossibile Atto di Creazione,
crudele, ambigua, contraddittoria e insieme
bella, splendida, insondabile per cui lo smacco
        in te sola risolvo nell’oro che riscatta
                         il mio metallo,
         “Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio,”
            incesto d’oro che abbaglia e riluce.


 [da “La Predilezione”; Bastogi, 2002]
*
AMANDO LUI

Il mio niente assoluto, incandescente,
il mio tutto di Te,
                     non esser niente di me,
caduta dentro un buco fondo e risalita
    a rinverdire il mondo, fisica linfa
nutrimento, polvere…
                                Nell’aria scorre
   l’astronave divina e non c’è spazio
               per il suo atterrare
se non mi faccio deserto di ascolto.
   Divento come clessidra gigante
e segno il tempo che non c’è sul foglio.
                      Volano
le parole dove vogliono, fatte stormi d’uccelli
     migratori ed una cade a terra stecchita:
            leggo atterrita la parola vita.
*
[inedito da “Il Canzoniere Unico”. Il titolo dell’opera postuma è lo stesso della poesia inclusa ne ”La Predilezione”]

Maria Grazia Lenisa

Maria Grazia Lenisa, poeta e saggista, è nata a Udine, il 13 02 1937. Ha vissuto soprattutto a Terni dove è venuta a mancare il 28/ 04/ 2009. Ha pubblicato una cinquantina di opere tra cui alcuni saggi critici.  Si è fatta notare per la pregnanza e l’originalità dei suoi testi, attestate da studiosi del valore.  E’ stata direttrice della Collana Il Capricorno per le Ed. Bastogi presso i cui tipi nasce la sua antologia Verso Bisanzio (fino al ’97). Tra le scritture successive successiva sono da leggere senz’altro: Incendio e fuga, introdotto da M. Bettarini, S. Lanuzza e D. Maffìa, e La Predilezione,  dominata dal grave tema paolino secondo cui “…tutta la natura geme e soffre”. Non meno originalmente si succedono L’ombelico d’oro e il cupo Eros sadico che proietta il cancro in un’equivoca finzione amorosa.
  Citata nella “Storia della civiltà letteraria” (UTET), conseguiva nel 2003 il “Diploma honoris causa” dall’Ist. di Cultura Superiore del Mediterraneo di Palermo e Monreale. Nel 2005 è insignita del premio Ziegler per La rosa indigesta. Contrasti. Poco prima di morire infine riceveva il Rhegium Julii  (inedito ’08) per le Amorose strategie.  Lascia inedito Il Canzoniere Unico, il primo dedicato al Cristo.

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1 Commenti:

Alle 16 marzo 2012 alle ore 14:39 , Blogger Marzia Alunni ha detto...

Splendidi testi davvero, opportuno ricordarli!
Il loro stile e la pienezza espressiva li rendono unici. Anche a distanza di anni resiste il fascino di quella irripetibile commistione di eros e sacro. Nuovo e classico coesistono insieme in versi raffinati, audaci e profondi, tanto da evocare il senso del mistico, rivisitato con energia e proiezione alternativa di vita. Marzia Alunni

 

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