venerdì 3 maggio 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = LEONE D'AMBROSIO


Leone D'Ambrosio: "Teorema elementare" - Ed.Ensemble - 2022 - pag. 86 - € 12
Prefazione di Elio Pecora - Postafazione di Carmine Chiodo
=La grammatica dell'amore e della memoria contro Thanatos in " Teorema elementare "di Leone D'Ambrosio=
= Vorrei prendere l'avvio, per parlare di questa silloge così tenera e, nello stesso tempo, così "violenta", per quell'impasto di "affetti, di memorie" da cui è pervasa, "di un'armonia forse impossibile, ma sempre da ricercare, da perseguire", "in un'alleanza contro la precarietà e la morte", in "una poesia che non slitta nell'addobbo e nel rovello, ma dice le giornate del mondo e s'interroga e chiede risposte agli assilli, alle paure, ai dinieghi", dalla prima lirica "Teorema elementare", che dà il titolo all'omonima silloge il cui incipit, sublime, racchiude quel desiderio di cui parla Elio Pecora nella prefazione, "quel desiderio, che è insieme sogno e idea, di un'armonia forse impossibile, ma sempre da ricercare, da perseguire", attraverso parole calde, chiare e immagini sfavillanti e smaglianti di grazia, di fuoco, di trasparenza e lucentezza d'Amore, in un attacco celeberrimo di lirica montaliana "Portami il girasole..." ma di diversa natura e matrice esistenziale, con cui pure, però, è possibile cogliere alcune analogie, di cui si tratterà più ampiamente, per ragioni di spazio, in un'altra sede. "Portami un cesto di parole/quando verrai a trovarmi,/una brace di sole/ e una carezza di mare/del mio paese, un frammento/di luna che squarcia la notte"(p.9). I versi citati evidenziano, appunto, il desiderio di assumere, in questa società asettica, frenetica, "leggera" e dedita all'avere, a tutela delle insidie, come divinità o entità protettrice la "parola", se non addirittura il Logos, il flessuoso mondo della leggerezza dell'amore, della levità (non a caso, in apertura, abbiamo l'immagine diafana, smaterializzata del cesto), il simbolo, il principio della vita (la genesi della creazione, dell'universo), accentuato nel terzo verso da due termini "brace di sole" che, se vogliamo, contenutisticamente si equivalgono ma che dal punto di vista iconico, immaginifico, amplificano il desiderio o la sete di vita o di vivere, di "stare nella vita", all'insegna della solarità, nel fuoco dell'amore come esplosione di sogni, anelito al "suo inarrestabile sognare", e dalla "carezza di mare", al quarto verso, ossia la trasparenza, la semplicità dell'acqua, immagine che, in questo caso, assume il significato e l'emblema di liquido amniotico, come fonte generatrice di vita, bagno di immersione o purificazione anche nel mondo prenatale, nel grembo materno e in quello della terra, del paese, e, nel quinto verso e nella chiusa, dal richiamo astrale simboleggiato dal "frammento/di luna", che ricopre un aspetto magico e, come detto, un motivo astrale in cui si identifica il perpetuarsi della vita "che squarcia la notte", ossia la Morte, Thanatos, il "principio" che infierisce o tenta di infierire sulla o contro la fine, il nulla, l'assenza perpetua. Dai versi successivi è come se si aprisse una tenzone dialettica ed esistenziale, metafisica, "tra il principio e la fine", "il dubbio" o la certezza del cristiano che non tutto possa o non può risolversi, finire con la morte, in quanto la vita grida o esprime il desiderio di vivere, "la vita da vivere", "un teorema elementare/come il perimetro /di una pozza d'acqua/ o l'ombra della ringhiera /incurvata sul pavimento" (p.9). L' opposizione, di cui si parlava precedentemente, si manifesta vieppiù in questi versi finali che rappresentano due paralleli oppositivi, contrastivi e che delineano il bisogno di vivere l'esistenza (o nell'esistenza) che è sì "un teorema elementare", anche se circoscritto, "come il perimetro/di una pozza d'acqua", ma flusso vitale, esistenza che deve far leva però sugli affetti, sulla memoria, sul ricordo, illusioni e realtà, nel contempo, che possono e devono allontanare o annientare "l'ombra della ringhiera/incurvata sul pavimento", con richiamo a quell'altra sublime e suggestiva silloge "Le ombre curve" (Prefazione di Aurelio Picca, postfazione di Antonio Spagnuolo, saggio critico di Aldo Onorati, Roma, Edizioni Ensemble, 2020), in cui si potrebbe vedere un'allusione alla fine della vita a cui si deve comunque resistere, pur nelle quotidiane insidie, nelle quotidiane ombre che si allungano sempre di più e ci accompagnano durante il viaggio terreno, come una "bufera". "Tra il principio e la fine/rimane la vita da vivere,/un teorema elementare/ come il perimetro/di una pozza d'acqua/o l'ombra della ringhiera/incurvata sul pavimento./A quest'ora i miei paesani/riposano in un silenzio/geometrico mentre le nuvole/si staccano dal cielo/e fanno breve sosta sopra/quelle strette finestrelle./Ma la sera, non so perché, il mio pensiero torna a te, al dubbio dell'eterno/e a questo mondo/che non è dei morti."(p.9). Il contrasto ossimorico si acuisce sempre di più tra i paesani allorché "riposano in un silenzio/geometrico", ovvero nella serena spensieratezza di quel momento, di quell'ora di ristoro, "le nuvole" che "si staccano dal cielo/e fanno breve sosta sopra/quelle strette finestrelle", in un abbandono magico, estatico del paesaggio celestiale che si fonde con quello terrestre, con il respiro di quelle amate strette finestrelle, come se si rinserrassero, aprissero pori di serenità, di tranquillità, di azzurrità, e l'inquieta pensosità o la pensosa inquietudine dell'essere umano, ancor prima del poeta, sul senso dell'esistenza, del "dubbio eterno", del mistero del Verbo; "il che significa", come acutamente, tra l'altro, coglie Domenico Defelice, "che D'Ambrosio crede cristianamente in un'altra vita, concreta, piena e senza termine rispetto a quella quasi labile, effimera, che ci tocca trascorrere su questa 'convulsa terra' che, tuttavia, 'illesa vola/dentro celeste sponda,' "più silenziosa e pura della luna", crede, dunque, paoliniamente e francescanamente, nella sconfitta del tempo fisico, della Morte, che non è cessazione, fine della vita, ma metamorfosi dell'ombra in Sole, del dolore in gioia, del ricongiungimento finale con gli amati, i cari, un perenne cantico a quel Dio, il cui respiro è nel creato, nell'azzurrità e nella nostra anima, nella nostra brama di sete celestiale protesa al "respiro eterno", ai "silenzi di Dio", al Principio Infinito: "Qui potrei morire/col cuore in tumulto/nella mutezza dei sassi/e la topografia del mare./ Nel silenzio di Dio/accartocciato/in questo azzurro /usurato dal tempo" (p.22). Il tutto in una "poesia sinfonica che richiama sempre la casa-vita dove appunto 'nasce' e 'muore' la vita. L'interno, la casa e l'esterno, le cose, i luoghi.” In una poesia "non per nulla cerebrale o scontata, retorica ma sofferta e intensa e ancora in essa si ammira una parola ben marcata e inconfondibile", come energicamente sostiene Carmine Chiodo nella postfazione.
*
Rocco Salerno
Leone D'Ambrosio, Teorema elementare, prefazione di Elio Pecora, postfazione di Carmine Chiodo, Roma, Edizioni Ensemble 2022.

giovedì 2 maggio 2024

POESIA = ANNALISA CIAMPALINI


"Cosa vuol dire che non ci sei"
Nel luogo che ti conteneva ogni mattina
così vicino a me, come limpido e vicin
nemmeno l'inizio di una forma
solo la volontà assoluta d'essere.
Non la promessa di un incontro, bensì il suo compiersi
ora, nella luce ampia del presente.
=
Visita che scendi fino a questi piani bassi,
quanta fstic trattenerti fino a sera!
E come devi sentirmi povera
tutta presa a rammendare la vita degli oggetti
curva sulla mia piccola cena.
**
" II "
Ho costruito il mio habitat
nelle piccole stanze
sistemi isolati, se vogliamo,
dove l'entropia cresce senza che nessuno lo veda.
Fuori il presente ingovernabile
forte dello spazio
e la tua esplorazione senza posa.
L'opera del vento sugli alberi
la progressiva mutazione della pelle.
**
annalisa ciampalini
dal volume "Tutte le cose che chiudono gli occhi" -- Ed.Pequod 2023- prefazione Valeria Serofilli

mercoledì 1 maggio 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


**ANTONIO SPAGNUOLO - “FUTILI ARPEGGI” - LA VALLE DEL TEMPO 2024 - pag 120 - € 14,00
Antonio Spagnuolo, con la sua inesauribile ispirazione, ci dona un altro volume di poesie “Futili arpeggi”, che va ad aggiungersi alla sua copiosa produzione. Il libro inizia con una introduzione dello stesso autore che s’interroga su “Cos’è la poesia?” ed esplica il suo pensiero concludendo che “La vera poesia, nel ritmo cadenzato delle sillabe, deve suscitare emozioni, sradicare illusioni, riaccendere sentimento, ravvivare la creatività, illuminare il presente, presagire il futuro”. Al termine troviamo un eloquente ed esplicativo saggio critico di Carlo Di Lieto, il quale penetra la poetica di Spagnuolo sviluppandone ogni possibile dettaglio.
Anche in questo lavoro ritroviamo in gran parte il sentire espresso nel precedente volume “Riflessi e velature”. Vi è una forte nostalgia della donna amata (la sua sposa che non c’è più), ma non vi sono toni drammatici, anzi, vi è sempre un accendersi, un tremito, un sussultare del cuore e dei sensi. E’ un sentimento senza fine che oltrepassa il limite terreno e lo accompagna in ogni istante, dandogli la forza di proseguire e di perdersi tra i sogni e i ricordi. Troviamo pure una forte propensione all’erotismo, nel ricordo e nei guizzi di momenti vissuti nell’assoluta solitudine.
Spagnuolo trova rifugio e forza nella scrittura, nella parola e nell’illuminazione poetica, che lo aiutano a procedere per una certa catarsi. Non mancano momenti di sconforto e di fatica, attorniato dal nulla e incapace di trovare pace nelle ore insonni della notte. I suoi versi abbondano di visioni, molto intense, e di metafore preziose. La mancanza dell’amata, che tanto lo ha appagato, si fa palese nella solitudine: “Cristo ha inciso per noi la parola fine / gettandoti nel sonno dal quale non si torna. / Ed io conto le ossa nel dettaglio / Cercando quella carne / che ha concesso febbrili amplessi, / dissolto là dove il segno lega le tue labbra.”. E’ un costante desiderio fisico, una carica sensuale che viene elaborata con la sublimazione.
Quando però il risveglio da un bel sogno svela la cruda realtà, il poeta prova addirittura “Furore” : “Svelarti il frastuono del respiro / è scrigno di percezioni indiscrete, / di sillabe a sgambetto fra le stelle, / dell’incoscienza che sgorga dal diniego. / Si smorza la malia e non ci sei: / un arcano furore imbriglia nuovamente / le mie vene.”.
Il pensiero di Spagnuolo si snoda in versi che scorrono fluidamente, senza nessuna pausa. Non vi sono spazi di respiro, quasi che il bianco di uno stacco possa interrompere il flusso dell’ispirazione. Sono versi avvolti da una delicata armonia, frutto di un marcato lirismo e di una capacità espressiva di massimo rilievo.
Il poeta s’ intrattiene anche con l’arte pittorica, che gli dona vibranti sensazioni, ed è partecipe alla quotidianità con tutto ciò che comporta di negativo. Soprattutto, i conflitti odierni e le diverse religioni: “Avverto le minacce di terrore / dalle sfarzose moschee che propongono / ingannevoli inviti per la pace...” ed ancora “Livida è la terra che esplode / nella fiamma di un dinamitardo, /tra impossibili fantasie / e un demone che si aggira nella fede.”.
Spagnuolo è ben consapevole del tempo che scorre e del traguardo che si fa sempre più vicino. Al tempo e all’immortalità affida la sua poesia: “E’ giunto il tempo di chiudere i conteggi / e affido il mio bagaglio di poeta / all’illusione dell’eternità...”.
In conclusione del volume, con la poesia "Danze", ci regala dei versi che imitano la poesia contemporanea, per farci comprendere la facilità di poter giocare con il dire a volte un po’ astruso dei poeti odierni.
Addentrandosi nel mondo poetico di Spagnuolo si scopre un’atmosfera quasi rarefatta, con visioni oniriche e simboliche, ricche di un’interiorità vibrante ed appassionata. Un viaggio nell’inconscio e in una matura e raffinata ispirazione.
*
Laura Pierdicchi

martedì 30 aprile 2024

POESIA = ANTONELLA PIZZO


** I **
Assimila cosa somiglia la nostra bocca
alla rosa di un verso primitivo e oggi
lo strazio di un sorriso sbilenco e una ruga
nuova come una mattina nervosa
ci significava un trascorso di occhi
e orci di vino di uve sode e bianche
il lucido della schiena avverso ogni
ricordo e un parto ricco di placenta.
Il rimorso delle uova di piccione
che allevava il figlio del sellaio
che per dispetto schiacciammo
nel terrazzo
una mattina d’estate.
=
***
** II **
Dello scempio attorno
nulla si nasconde agli occhi dell’eternità
nulla vi importa di questo tempo buio
ma solo dove l’oltre illumina la gioia in voi
dove ogni fiore rispecchia il paradiso.
Così non vi arrabbiaste quando lei si prese la cassapanca
se la tenda col ricamo prezioso a lei tanto cara
finì nella discarica, scordata, per incauta distrazione
dentro un sacco pubblicitario del discount.
=
ANTONELLA PIZZO

lunedì 29 aprile 2024

POESIA = ANTONIO VANNI


**Ragazza in riposo**
Un foglio di giornale
chinato sopra il petto nudo
la proteggeva poco dal mio sguardo.
La sua pelle tenera in riposo
arrossiva ogni momento
che il docile vento
le oneva i capelli tra le labbra.
==
**Cio ragazzi**
Ciao ragazzi.
Voi siete tutti belli,
è così, siete tutti belli.
La bellezza è in ogni vostro istante,
il cielo varia aspetto
specchiandosi nei chicchi spaventati,
ma non abbiate paura, nessuno abbia paura, siete tutti belli.
Il vasto cielo nei chicchi, se trema,
è il vibrare più bello.
Passeggiando tra i pallidi segreti del vigneto
le rosse guance, raccolte che hanno
il caldo tramonto,
la freschezza sul futuro alita.
**
ANTONIO VANNI

giovedì 25 aprile 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO


**Antonio Spagnuolo: "Futili arpeggi" - Ed. La valle del tempo - 2024 - pag.120 - € 14,00
con un saggio critico di Carlo Di Lieto
È un autore di ammirevole vitalità, Antonio Spagnuolo, presente sulla scena letteraria dal lontano 1953 sempre con una sua inconfondibile cifra stilistica: meglio ancora, un autore di “splendida resistenza vitale”, come di lui ha sottolineato recentemente Adam Vaccaro, capace di confermare, di libro in libro, la sua vena di generosa creatività all’insegna di quello che Leopardi definirebbe un “sentimento al presente”, di una visione, cioè, della vita calata in ogni momento nell’”oggi” dei suoi stati d’animo e con una forte coerenza di stile, di espressione, oltre che la costante fedeltà a un canto ostinatamente atteso e perseguito, che diventa materia della propria stessa costante risurrezione, della propria più profonda (“conturbante”) metamorfosi (come diceva in un testo emblematico, E se un giorno ingannerai, della raccolta Io ti inseguirò del ’99): in uno spazio, insomma, in cui l’inseguitore diventa, brunianamente, preda della propria stessa ansia di verità, dove luce e tempi nuovi fioriscono nel segno di un’esperienza costantemente essenziale.
“Un atto rivoluzionario”, questo, non c’è dubbio: perché “non ci si può presentare agli altri sotto mentite spoglie in eterno”, afferma senza incertezze e vanagloria Spagnuolo in limine all’ultima sua silloge, Futili arpeggi, appena pubblicata dall’editrice napoletana La Valle del Tempo, in cui quel “futili” che accompagna gli “arpeggi” del titolo è elemento niente affatto riduttivo ma che anzi chiede smentite da tutti gli spiriti complici. Come dire con lo spirito mai domo ma anzi determinato a dar voce a umori e sentimenti, alla Leopardi di Amore e Morte (“Erta la fronte, armato, / E renitente al fato”): con la convinzione che “la vera poesia, nel ritmo cadenzato delle sillabe, deve suscitare emozioni, sradicare illusioni, riaccendere sentimenti, ravvivare la creatività, illuminare il presente, presagire il futuro”. “Suscitare”, “sradicare”, “riaccendere”, “ravvivare”, “illuminare”, “presagire”: ce n’è d’avanzo in questi verbi per vedere in azione una poetica attiva, niente affatto rinunciataria e che anche quando ripensa al passato non è mai sterilmente elegiaca, ma anzi dinanzi al senso del trascorrere inesorabile del tempo, al fantasma di ciò che sa perduto per sempre (penso a Fantasmi, qui in questa silloge), sa intravedere “segni” e “bagliori” di un’illusione persistente, di un “sogno” in presenza della ragione (è questo il senso dell’”assurdo / anelito” dei vv.5-6?), a dispetto delle “ombre del tempo” e di ogni, reale o metaforica che sia, “sera”.
A questo alludeva Alberto Asor Rosa, ricordato da Carlo Di Lieto nella postfazione, quando a proposito di Spagnuolo parlava dell’”affiorare di un elemento prelogico nell’esperienza mentale”, capace di tradursi nel “rifiuto di una sintesi vincolante sul piano del linguaggio come su quello del senso”? Credo di sì, nel senso che l’autore è cosciente che nel rinnovamento costante dei suoi codici espressivi conserva la sua indiscutibile coerenza con quello che Di Lieto, da par suo, riconosce come il suo nucleo tematico fondante, ossia “la centralità dell’eros”, nella relazione cioè “eros/thanatos e libido/morte” che stilisticamente si traduce in un dire avvolgente che insegue, anche attraverso metafore “corpose”, insegue un altrove indefinibile in cui il riaffiorare di tracce mnestiche nella scrittura costituisce la compensazione di un desiderio infinito, tra “fatica per trattenere inganni” e “linea indelebile”, giusto come si dice nel testo citato prima, ossia Fantasmi, che a distanza di anni riconferma quanto già diceva in Io ti inseguirò (“Qualsiasi cosa accada riascoltiamo / il ritmo della narrazione: / non c’è mutamento di suoni / che sciolga o annulli ogni differenza./ Oh! I deserti, i grandi pascoli, le lune, / scomparsi nel continuo divagare./ E’ il mistero che innalza sopra tutti / la sua voce ininterrotta, / la voce conturbante del racconto”), in cui, implorando la “voce ininterrotta” del proprio canto, dava espressione a quella che mi pare costituisca una sua cifra di poetica essenziale, ossia la necessità della parola fecondante del desiderio, del “racconto” della grazia della scrittura, a restituire vita e forza all’indistinto di ogni attesa e pulsione (“sciolga o annulli ogni differenza”), inscritto sull’orizzonte di una figura di fede, ciò che chiama qui, in Futili arpeggi, in un testo conclusivo, Personaggio, “mito”.
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VINCENZO GUARRACINO

SEGNALAZIONE VOLUMI = IRENE DUBOEUF


**Irène Duboeuf: “Il bacio dell’invisibile” – Ed. Libreria Ticinum – 2024 – pag. 74 - € 13,00
Idillio sormontare il tempo effimero in un incontro unico con la natura, con l’invisibile, con l’altro, che offre il suo prestigioso sussurro nel ricordo di ogni parola vivificata dalla dolcezza o dall’amore.
“La poesia della Duboeuf – scrive Amedeo Anelli in prefazione – è ricca di sensi e di sensibilità. E’ memorabile e cantabile, è ricca di colore, elegante, secondo la migliore tradizione della sua terra, obbediente al pascaliano esprit de finesse.
Spirito che esprime una conoscenza che si tiene vicina alle ragioni della vita, vicina ai moti dell’Anima e del Cuore, inteso come fuoco dell’interiorità dell’uomo e centro di irradiamento delle forze più nascoste della persona.”
E’ la poesia dei muri, dei tramonti, del paesaggio, dell’incontro, delle sospensioni, dell’amore, della materia e delle figure, che parlano di un luogo propizio al sogno, alla pluralità delle forme che si svelano o si nascondono, traducendo con agile scrittura ogni sentimento in azione contemporanea.
“Ogni poesia è una mano aperta/ dove la linea della vita incrocia quella del cuore/ e me ne vado attraverso i non-detti/ delle albe musicali/ Notturni scappatoie/ di un pensiero libero e selvaggio.”
Ricamando lampi accecanti di luce, tra la “densità carnale del silenzio” e le “questioni in sospese della sera”, tra i ricordi “che sovrastano la città e la mia infanzia” ed un’aria “che ci dà del tu senza conoscerci”, ecco tessuta una esperienza totalizzante, con una variegata arte realizzata in rapporto alla vita.
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ANTONIO SPAGNUOLO